Il congresso della Filcams a maggio aveva dato un forte contributo alla Cgil e al suo dibattito.
Il Congresso confederale invece ha registrato, pur nell’avanzamento di posizioni che lo ha caratterizzato sin dalla relazione introduttiva di Susanna Camusso, per arrivare alla sue conclusioni e al Documento finale, una difficoltà nella tenuta unitaria dell’organizzazione, difficoltà che si è riflessa nello scontro furibondo per la definizione del gruppo dirigente nazionale.
L’incalzare sempre più forte della crisi e delle sue conseguenze a livello occupazionale, di tenore di vita e di condizioni sociali di milioni di lavoratori, di pensionati, di giovani, uomini e donne richiede una presenza ancor maggiore e una incisività dell’azione della Cgil. Tanto più in presenza di una campagna martellante contro il ruolo e il peso del sindacato nella società italiana, campagna che vede in prima fila il Presidente del Consiglio in carica e attuale leader del partito che ha stravinto le elezioni europee e amministrative.
C’è chi in Cgil ha voluto prestare il fianco alle critiche che arrivano dall’esterno, non per controbatterle o per costruire risposte in avanti, ma per utilizzarle ai fini di battaglia interna in nome del “rinnovamento”. C’è chi ha rilasciato patenti di democrazia e di rinnovamento a Matteo Renzi, a prescindere dal giudizio sui provvedimenti di precarizzazione del mercato del lavoro o dell’attacco portato al lavoro pubblico, compreso il lavoro in appalto, e allo stato sociale.
Sono errori gravi e ha sbagliato chi tra noi ha scelto in congresso di rinunciare alla battaglia per l’unità e per far vivere dentro la maggioranza congressuale gli emendamenti, primo fra tutti quello sulle pensioni, che Lavoro Società ha sostenuto nei congressi di base.
Lavoro Società ha affrontato una prova traumatica. Ma una prova analoga ha affrontato l’intera organizzazione. Si è costituita in congresso nazionale una minoranza di opposizione che non si era presentata come tale ai congressi di base e la dialettica interna all’organizzazione corre il rischio di esserne stravolta.
Può esserci la tentazione, anche in Filcams, di procedere ad una “semplificazione” del dibattito interno, negando il pluralismo e riducendo il confronto allo scontro di personalità o alla contrapposizione nuovo/vecchio nella composizione dei gruppi dirigenti. Sarebbe un errore.
Ricostruire sulla linea decisa al congresso l’unità per la coesione della Cgil, valorizzando la pluralità degli orientamenti, delle culture e delle posizioni sindacali, superando fratture e restituendo protagonismo ai lavoratori: questo è l’impegno che ci dobbiamo prendere.