Ma Gabrielli volge lo sguardo anche all’interno: “Non c’è crescita se si marginalizzano le diversità, le sensibilità e i pluralismi”
Abbiamo firmato due rinnovi contrattuali del settore artigiano e della piccola impresa: quello dell’acconciatura e quello del pulimento artigiano. Su quest’ultimo abbiamo realizzato grandi passi avanti verso l’unificazione della normativa sui cambi appalto e anche a livello salariale tra lavoratori del settore artigiano e di quello industriale. Sugli altri tavoli a che punto siamo?
Il risultato dei contratti dei lavoratori dell’acconciatura e del pulimento artigiano sono positivi. Attualmente abbiamo 11 tavoli contrattuali aperti: ristorazione collettiva, pubblici esercizi, Confindustria turismo e Confesercenti. Sono in corso anche le trattative per il rinnovo del contratto multiservizi, un altro dei nostri grandi settori, tra quelli più colpiti in questi anni dagli effetti della spending review che ha prodotto un rallentamento nella trattativa e rischia di condizionarla anche per il suo sviluppo. Situazione drammatica per gli operatori delle terme: il contratto è scaduto ormai da tre anni e non riusciamo ancora a costruire un percorso comune che porti a dare delle risposte a quei lavoratori. Anche la distribuzione cooperativa è ferma. E non dobbiamo dimenticare gli studi professionali, che rappresentano per noi una sfida importante: non soltanto perché il settore è cresciuto tanto, ma perché è uno dei comparti in cui possiamo misurare la politica di inclusività. Siamo quasi ad una anno di distanza dalla presentazione delle piattaforme e dall’avvio delle trattative per il contratto del terziario con le tre Associazioni datoriali: a giugno si è interrotta la trattativa con Confcommercio e non abbiamo sostanziali novità con Federdistribuzione e Confesercenti.
Un quadro contrattuale caratterizzato da quanto ho già detto sopra e che in assenza di segnali positivi rispetto alla condizione del paese e con i provvedimenti in corso da parte del Governo, rischia di diventare ancora più complicato.
La sinistra sindacale Filcams che pure ti ha appoggiato in tutte le sue componenti presenti in Direttivo nazionale ha rimarcato il carattere non plurale della segreteria Filcams nel suo complesso. Noi siamo preoccupati perché vediamo – e giustamente – una grande attenzione ai pluralismo di genere (anche se oggi la segreteria è “squilibrata” perché le donne superano il 60% statutario…), ma una totale sottovalutazione del pluralismo politico e sindacale. Non ritieni sia un problema? O pensi che il pluralismo così come definito dallo statuto e dai regolamenti e dalla storia degli ultimi 20 sia superato e se sì con che modalità occorre rispondere unitariamente alla domanda di governo unitario e di rappresentanza plurale delle idee?
Non parlerei di una condizione “squilibrata” della segreteria Filcams. Penso che dovrebbe essere letto come un dato positivo, di valore ed una sfida che abbiamo costruito collettivamente uomini e donne, per una categoria che vede una massiccia presenza femminile. Non è un dato scontato, perché per avvicinare e far partecipare le donne alla vita sindacale si è fatto un lungo percorso traducendo questo obiettivo nei gruppi dirigenti a partire da quelli territoriali.
Come non ritengo che in Filcams ci sia una sottovalutazione del pluralismo politico e sindacale perché questo non può misurarsi con un unico parametro. Abbiamo lavorato a Congresso per indicare le linee di indirizzo e gli obiettivi della politica sindacale della Filcams e anche lì, pur nelle diversità, abbiamo condiviso un documento che ho riaffermato nella dichiarazione programmatica parlando di ulteriori sfide sindacali, di un lavoro del collettivo che passa attraverso il confronto e le elaborazioni frutto delle idee e del pluralismo politico e sindacale. Non c’è crescita se si marginalizzano le diversità, le sensibilità, i pluralismi anzi, forse ne abbiamo molti di più ed escono anche dagli schemi delle componenti e del pluralismo politico e sindacale stesso.
Per questa idea e per quello che ho proposto nella dichiarazione programmatica auspico che le varie componenti abbiano deciso di appoggiare in maniera trasparente la mia candidatura. Ma credo che la domanda ci porta a dover affrontare un tema più complessivo. Ad esempio, dopo l’ultimo congresso, il pluralismo rappresenta una realtà che travalica ancor più i confini delle aree programmatiche. Questo significa che la segreteria non può più essere considerato l’unico livello di valorizzazione del pluralismo che deve riguardare tutta la vita dell’organizzazione, a partire del massimo organismo dirigente, il direttivo nazionale, che, proprio nella valorizzazione dei pluralismi, individua i principali elementi di garanzia.
Inoltre, se è vero che quello che è avvenuto in Italia dal voto delle ultime politiche ad oggi, ha parlato anche a noi, alla CGIL, il punto che dobbiamo affrontare e come dare prospettiva di rappresentanza e di partecipazione alla nostra organizzazione. Quindi come modifichiamo le nostre modalità, la nostra vita interna, la selezione e la messa a disposizione dei gruppi dirigenti, è un impegno che deve vedere una sincera discussione interna prima di affrontare il prossimo Congresso anche per poterlo definire con modalità diverse.