Intervista a Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale della Filcams-Cgil
Sei stata eletta a scrutinio segreto e all’unanimità. Una bella responsabilità. Ma anche un’opportunità per te di affrontare con un più di sicurezza e determinazione la tua nuova responsabilità. O no?
Responsabilità e determinazione, sono sicuramente alla base di questa nuova sfida. La fiducia riposta dalla categoria è sicuramente uno stimolo maggiore per cercare di guidare la Filcams nello scenario difficile che stiamo vivendo. Un voto in cui credo possiamo leggere un consenso e una condivisione al progetto politico della Filcams e alla gestione della categoria. Abbiamo costruito molto in questi anni, ma non può essere considerato sufficiente. Arginare e superare la negatività della crisi, dare risposte alle lavoratrici e lavoratori attraverso la contrattazione, e trovare un nuovo equilibrio nel mondo del lavoro riunificando ed estendendo diritti, sono obiettivi fondamentali perché il lavoro nel paese e per le persone è l’elemento centrale.
La Filcams è diventata la più numerosa Federazione di categoria della CGIL. La conseguenza è che essa dovrebbe pesare di più nell’elaborazione e negli equilibri della CGIL. Ma c’è chi sostiene che siamo un gigante con i piedi di argilla perché gli iscritti alla Filcams sono in tanta parte lavoratori licenziati in mobilità o fidelizzati attraverso i servizi e gli uffici vertenze confederali….
Se da un lato la crisi ha sicuramente contribuito a far avvicinare alla Filcams molti lavoratori per esigenze diverse, ora sarà tra i nostri obiettivi primari cercare di costruire un percorso per il futuro per poter, insieme, migliorare le condizioni di lavoro e le tutele per i nostri lavoratori. Gli iscritti alla nostra categoria sono la fotografia del mondo del lavoro, fragilità e ricchezza che ci indicano alcuni elementi fondamentali. Le risposte da costruire per gli stagionali, per i lavoratori degli appalti, per le colf e badanti, e per tutti quei lavoratori che non intercetti perché non hanno un luogo fisico o un unico luogo fisico dove svolgere il proprio lavoro, sono necessariamente diverse. Per questo dobbiamo rafforzare ed elaborare, non solo come Filcams, nuovi modelli contrattuali, territoriali, di sito, di filiera, sugli appalti insieme a forme diverse di comunicazione. I bisogni di questa moltitudine di singoli lavoratori passano anche attraverso la ricerca di tutela ed informazioni a cui siamo in grado di dare risposte grazie a quel collante tra categoria e sistema dei servizi delle Camere del lavoro. Due aspetti che credo possano far comprendere, in un mondo del lavoro che è già cambiato, il perché la confederalità assume un ruolo importante per la le sfide della contrattazione e della rappresentanza.
La Filcams è un sindacato di frontiera nel mondo del lavoro. Una massiccia presenza femminile nel commercio e nel turismo, nel pulimento e nel lavoro domestico e nelle altre attività di servizi; un sindacato che vive e opera tra i precari e nella precarietà della condizione di lavoro e della fragilità salariale. Ha dunque molto da dire. Cosa stiamo facendo in concreto?
L’impegno di questi anni ci ha fatto misurare con la ricerca di soluzioni anche innovative e diverse per dare risposte concrete. Abbiamo praticato accordi per stabilizzare le diverse forme di lavoro precario e atipico, introdotto forme di welfare, concordato buone pratiche per dare risposte al tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, creato percorsi certi perché un contratto a termine, un lavoratore somministrato abbia le condizioni per sapere che il proprio rapporto sarà stabilizzato, come percorsi per l’incremento degli orari dei part time. Certo, abbiamo vissuto arretramenti e ci siamo anche dovuti misurare con una contrattazione difensiva, spesso legata alla conflittualità che si genera davanti ad atti di forza come la disdetta dei contratti integrativi. Come abbiamo contrattato per la difesa del lavoro in una delle crisi più lunghe vissute dai nostri settori; abbiamo agito sugli orari, sui turni, sull’organizzazione del lavoro e soprattutto sui contratti di solidarietà perché nessuno sia lasciato da solo davanti alla possibilità di perdita del posto di lavoro. Lo stesso filo conduttore è quello che muove la ricerca di soluzioni nei tavoli di rinnovo dei contratti nazionali, oggi ancora in evidente difficoltà. La nostra visione si scontra con chi ritiene che soprattutto, in fase di crisi, non ci siano le condizioni per contrattare o si possano contrattare solo restrizioni dei diritti peggiorando la condizione per chi oggi un lavoro lo ha e negando contestualmente una prospettiva a chi è ancora ai margini del lavoro. Un paradigma che non condividiamo. Non solo la nostra contrattazione deve rimuove questa impostazione ma deve anche continuare a misurarsi e realizzare percorsi come quello della contrattazione di sito, di filiera, oggettivamente non facili ma che possono rappresentare una risposta concreta a mondi del lavoro così frammentati e difficilmente raggiungibili come quelli che incrociamo come Filcams.
La CGIL sta affrontando una battaglia complessa sul mercato del lavoro e sui diritti del lavoro. Nel preannunciare la mobilitazione la CGIL ha tuttavia aperto alla possibilità di utilizzare un contratto di assunzione a tutele crescenti come strumento per eliminare la pletora dei 47 contratti atipici. Pensi anche tu che il contratto a tutele crescenti possa rappresentare in tutto o in parte una soluzione, articolo 18 a parte?
Nel terziario la riduzione delle tipologie contrattuali di cui si parla nel Jobs Act, pur essendo fondamentale, non basta a dare risposte a una condizione molto variegata e complessa di precarietà. Il Jobs Act, sembra declinare al contrario l’ esigenze di estensione dei diritti, di creare occupazione per i giovani e di costruire un mondo del lavoro più uguale. Il contratto a tutele crescenti, ad esempio, in presenza della riforma del contratto a termine già introdotta dal governo è una contraddizione. Quando si parla di estensione delle tutele, c’è prioritariamente la maternità ma c’è il diritto al riposo, come la malattia. Cosi come, pur avendo espresso giudizio favorevole sugli 80 euro in busta paga, abbiamo potuto però constatare che non ha avuto effetti positivi, a partire dai consumi, e lascia nella difficoltà una numero alto di persone a cui il bonus andrebbe esteso.
Ma anche la riforma sugli ammortizzatori sociali e un diverso sistema di welfare: i singoli provvedimenti non sono sufficienti a far ripartire l’Italia, a “cambiare verso” se non fanno parte di una più ampia idea di sviluppo per portare di nuovo a crescere l’occupazione. Abbiamo bisogno di politiche attive del lavoro, di un sistema che sostenga chi ha perso il lavoro per aiutarlo presto a rioccuparsi.