A suo modo è un record. Approvato - con l'ennesimo voto di fiducia – da appena un mese, il decreto “Sblocca Italia” è già contestato da più di 160 fra storiche sigle ambientaliste, associazioni e movimenti, attivi lungo l'intera penisola. La massiccia mobilitazione di quelli che Matteo Renzi ha ribattezzato, con l'abituale disprezzo, “comitatini”, ha dato il via alla campagna “Blocca lo Sblocca Italia”. Che gode, ironia della sorte, anche dell'appoggio di alcuni enti locali, pronti anch'essi ad anticipare i loro ricorsi ai tribunali amministrativi italiani, e alle corti di giustizia europee.
L'imponente massa critica dei contestatori del provvedimento sostiene, documenti alla mano, che lo Sblocca Italia aiuta a far ripartire cantieri inutili; incentiva il consumo di territorio, ai danni anche del paesaggio; indebolisce le Soprintendenze e i loro controlli; svende il demanio pubblico; dà il via libera a scavare e trivellare per mare e per terra in cerca di petrolio; proroga la disastrosa stagione della deregulation edilizia; opera, nei fatti, per la realizzazione di nuovi inceneritori, e per far “lavorare” al massimo delle loro capacità quelli già esistenti.
A fare da cartina di tornasole di questo quadro disarmante sono state le plateali proteste organizzate a palazzo Madama, nel giorno del voto di fiducia chiesto dal governo al Senato: i parlamentari pentastellati sono arrivati addirittura a stendersi sui banchi del governo, tanto che tutti i senatori hanno dato il loro voto al testo (“sì” o “no”) direttamente dal proprio banco, senza passare sotto la presidenza dell'aula. Dal canto loro, i senatori di Sel hanno alzato uno striscione con la scritta “No Triv”, velocemente rimosso dai commessi.
Dalle prime analisi dello Sblocca Italia fatte da movimenti e associazioni, emerge che ben il 47% dei 3,9 miliardi stanziati dall'esecutivo va a strade ed autostrade (1.832 milioni), il 25% alle ferrovie (989 milioni), e solo l’8,8% alle reti tramviarie e alle metropolitane (345 milioni). Il resto è per le opere idriche (134 milioni) e gli aeroporti (90 milioni). Mentre 500 milioni di euro sono stati destinati a dare gambe al cosiddetto “Piano dei seimila campanili”, risalente allo scorso anno (“Decreto del fare”) e indirizzato alle amministrazioni comunali.
Di fronte a questi numeri, le sintetiche ma efficaci conclusioni dei tantissimi critici sono presto dette: “Lo Sblocca Italia continua a sostenere lo sviluppo dell’asfalto, finanziando nuove autostrade come la Gronda genovese e la Cispadana in Emilia. Destina molto meno alle ferrovie, e per giunta lo fa indirizzando 520 milioni su 989 per le tre nuove tratte ad alta velocità Terzo Valico (Milano-Genova), Tunnel del Brennero e Av Brescia Padova. Pochissimo viene dato alle reti per il trasporto urbano, che sono il vero deficit italiano. Si insiste ad andare con le distorsioni della Legge Obiettivo, senza avviare una politica dei trasporti innovativa e sostenibile”.