Il tentativo della CIGA di trasformare la destinazione d’uso di palazzo Giuntini, sede del Grand Hotel, da commerciale ad abitativa si scontra con la ferma determinazione delle amministrazioni locali a non concederla. Infatti sia la Regione Toscana che il comune di Firenze ribadiscono la destinazione commerciale dell’immobile e specificatamente ad albergo. Anzi, il 14 dicembre 1977, il Consiglio comunale di Firenze approva, quasi all’unanimità, un ordine del giorno che impegna l’amministrazione a “utilizzare tutti gli strumenti urbanistici a sua disposizione per confermare il vincolo alberghiero sull’immobile”; aspetto che viene realizzato con una variante al Piano regolatore generale.
Questo impegno viene ribadito in previsione che il Tar possa annullare il vincolo, posto dalla Regione Toscana, contro il quale la Ciga ha fatto causa. Il Tar dà parzialmente ragione alla Ciga ma le motivazioni della sentenza non sono tali da portare immediatamente allo svincolo dell’immobile. La Regione suggerisce una “revisione” del vincolo alberghiero proponendo di riclassificare l’albergo da categoria “lusso” a “prima categoria”. La Ciga lascia però cadere l’offerta perché è interessata alla speculazione , che può realizzare solo con la completa cancellazione del vincolo alberghiero o, in subordine, con il frazionamento dell’immobile da cedere ad istituti bancari come sede di rappresentanza. Vanificato il disegno speculativo, l’immobile rimane vuoto ed inutilizzato per anni.
Intanto la crisi della società, innescate anche dalle speculazioni sindoniane, portano la Società Generale Immobiliare, che ha il controllo della Ciga, a cedere, all’inizio degli anni Ottanta, il pacchetto azionario di controllo alla società svizzera Europrogramme di Orazio Bagnasco. E’ alla fine del 1981 che Bagnasco, con la scusa della ristrutturazione dell’Hotel Excelsior (l’albergo dirimpettaio dell’ex Grand Hotel), tenta di licenziare oltre 60 lavoratori.
Questa operazione della Ciga si inserisce in una più ampia ristrutturazione della catena alberghiera che prevede un totale di 622 esuberi, a livello nazionale, pur in presenza di consistenti utili di gestione. L’intento di Bagnasco è quello di esternalizzare molti servizi (manutenzione, lavanderia, ristorazione, banchetti e ricevimenti, ecc.) per massimizzare i profitti. Infatti, anche con la nuova gestione si ripresentano i vecchi problemi legati a finanzieri interessati più alla speculazione immobiliare e finanziaria, ed a risultati immediati o di breve periodo, che alla sana gestione delle aziende controllate.
Inizia una lunga vertenza gestita per ovvi motivi dai sindacati a livello nazionale. Stavolta la vertenza non è quella del Grand Hotel, che colpiva solo il personale di quell’albergo, ma una vertenza di gruppo, quindi le trattative le forme e le iniziative di lotta sono centralizzate a Roma. Come dice Francesco Critelli (In “Chi s’eramo”, di Francesco Critelli, Editrice Consumatori, 2003, p. 132), che con altri diresse la lotta dei lavoratori fiorentini, “Noi dovevamo resistere! E resistemmo anche troppo… perché scombinammo un po’ i piani dei nazionali. Noi non volevamo che nessun lavoratore fosse licenziato... in quell’azienda dove si prevedeva un’espansione dell’attività”.
[Terza parte] La prima e seconda parte sono state pubblicate in “Reds” n. 12, anno III, del dicembre 2014.