Finisce cinque a due, come la finale dei mondiali di Calcio Brasile - Svezia del 1958. Ma Renzi non è Pelé. Dalle stelle del 40% alle europee alle stalle del 22,5% alle regionali. Si potrà dire, ed è stato detto, che si trattava di elezioni parziali, locali, che un avente diritto su due non è andato a votare. Ma la botta è arrivata e ha fatto male. Specialmente in Liguria, dove la candidata renziana Raffaella Paita è stata sconfitta dal portavoce di Silvio Berlusconi, Giovanni Toti. E non era facile, di questi tempi, far vincere un uomo del Cavaliere stanco. Renzi c'è riuscito. L'autocritica dei primi minuti ha già ceduto il posto alla solita resa dei conti interna. Traduzione: Paita perde per colpa di Cofferati, Pastorino, eccetera eccetera, eccetera.... Per palazzo Chigi non c'entra la riforma della scuola che sta portando centinaia di migliaia di persone in piazza. E nemmeno il job act. E neppure la nuova legge elettorale. Il premier di Rignano sull'Arno assicura che il governo andrà dritto per la sua strada. Un cambiamento di passo, se così si può chiamare, avverrà negli uffici di largo del Nazareno, dove le poltrone sono più calde del sole di luglio. Un primo assaggio di estate, che ha risvegliato Grillo e grillini. Il partito liquido dell'ex comico genovese arriva secondo o terzo in tutte le regioni: terzo in Liguria, terzo in Toscana dove la piazza d'onore va ai fascio-leghisti di Salvini, secondo in Puglia e nelle Marche, terzo in Campania (dopo Caldoro), sul podio anche in Umbria e in Veneto. La destra che non rinuncia a votare dà una mano a Salvini, e anche Grillo continua a catalizzare un buon numero di voti degli scontenti. Lo zoccoletto duro della sinistra tiene ma non avanza troppo rispetto alle Europee. Chi votava Pd non ha votato un altro partito, non è andato a votare. Come nell'autunno scorso in Emilia Romagna. Perché il dato più preoccupante è proprio questo, gli italiani brava gente che votavano sempre non ci sono più.