Il 16 e 17 novembre del 1984 un centinaio di delegate e delegati dei luoghi di lavoro e qualche funzionario sindacale si riunirono ad Ariccia, presso la scuola sindacale della CGIL nazionale e dettero vita a “Democrazia consiliare”, la prima area della CGIL che non faceva riferimento ad un partito politico, anche se la stragrande maggioranza di quei quadri sindacali aveva in tasca la tessera di una delle formazioni della nuova sinistra italiana, Democrazia proletaria. Anche se “Democrazia consiliare (…) si presenterà formalmente per la prima volta al congresso del 1986, con valanghe di emendamenti al documento della maggioranza”. (1)
La riunione di Ariccia era il risultato del lavoro preparatorio di un gruppo di 18 tra dirigenti sindacali e delegati che avevano costituito mesi prima un comitato di coordinamento provvisorio che rappresentava l’area della sinistra CGIL in varie regioni e categorie (da Milano, dal Lazio, dall’Emilia-Romagna, dal Piemonte, dal Trentino, dalla Sardegna. E ancora dalla Campania, da Genova e da Pisa; metalmeccanici, pubblici dipendenti, ferrovieri, bancari) e della scelta – la cui responsabilità Luciano Lama assunse in prima persona - di consentire a quei compagni che non si riconoscevano più nelle posizioni della Terza componente di riunirsi dentro la struttura sindacale con la possibilità di utilizzare a quel fine le libertà sindacali e le risorse dell’organizzazione, così da consolidare il pluralismo della CGIL.
Ovviamente i documenti risentono del tempo in cui furono elaborati e molte tematiche rimandano allo scontro sindacale di quegli anni. Democrazia consiliare è ciò che sedimenta organizzativamente della componente radicale del “movimento dei consigli” che aveva stimolato e affiancato la CGIL nella battaglia in difesa della scala mobile manomessa dal governo Craxi, con il consenso di CISL e UIL. E stiamo parlando delle CISL e UIL di Pierre Carniti e di Giorgio Benvenuto, mica di quelle di Bonanni e Angeletti!
Tuttavia – come ha scritto nel suo Spine Rosse (2) Paolo Andruccioli, che con Matteo Pucciarelli nel suo Gli ultimi mohicani (3) è l’unico che abbia scritto di Democrazia consiliare - un primato innegabile di quel collettivo è l’aver segnalato con largo anticipo problemi che poi hanno caratterizzato il dibattito e la vita dei lavoratori italiani e della CGIL: “la compressione dei livelli salariali, l’aumento del decentramento e frammentazione del ciclo produttivo che determina frantumazione della struttura di classe: lavoratori precari, stagionali, estensione del lavoro nero e delle figure lavorative non protette, né regolamentate; ripresa del controllo sui lavoratori attraverso la riaffermazione delle gerarchie, della concorrenzialità tra lavoratori, finalizzata ad un aumento della produttività e dell’intensità del lavoro” (4).
Nel 1984, una discussione incentrata sul ruolo del segretario generale e sulle sue modalità di elezione non sarebbe nemmeno balenata nella testa di qualsivoglia attivista sindacale, ma con una determinazione che poi ha caratterizzato per anni il dibattito sindacale, Democrazia consiliare pone con forza la questione del ruolo dei Consigli, cioè della struttura democratica, unitaria ed elettiva dei lavoratori (non solo degli iscritti) nei luoghi di lavoro.
“Occorre difendere i consigli contro ogni tentativo di tendenziale esautorazione e affossamento a vantaggio delle sezioni aziendali. I consigli vivono la situazione di essere una condizione necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo di un’effettiva democrazia sindacale che esige non solo garanzie formali, pur decisive, ma una sostanza di coscienza politica che deve permeare i lavoratori, attraverso la ricostruzione di momenti di lotta e di dibattito politico, di rapporto collettivo che rompa la frantumazione individualistica operata dalla ristrutturazione padronale.” (5)
Questa posizione suona ancora più attuale oggi, perché il nodo del ruolo delle Rappresentanze unitarie dei lavoratori nella definizione delle piattaforme aziendali e nella contrattazione e del loro essere terreno di lotta politica tra i lavoratori è uno dei nodi irrisolti della prossima conferenza d’organizzazione…
Qualunque siano state successivamente le scelte di quei compagni che dettero vita la coordinamento provvisorio, a loro e a quanti dietro le quinte lavorarono a mettere in piedi l’assemblea di novembre 1984 va il merito di aver contribuito a fare della CGIL per i 30 anni successivi un’organizzazione viva e pluralista che non ha avuto bisogno, nonostante tutto, di cambiare nome e ragione sociale per adeguarsi ai tempi nuovi!
1 Andrea Montagni, Le cinque bandiere (1967-2013): Note di vita e appunti raccolti e ordinati da Frida Nacinovich. Milano, Punto rosso, 2014
2 Paolo Andruccioli, Spine rosse: Breve storia della minoranza della CGIL (1978-2006). Roma, Ediesse, 2008;
3 Matteo Pucciarelli, Gli ultimi dei mohicani: Una storia di Democrazia proletaria. Roma, Alegre, 2011
4 P. Andruccioli, op. cit. , pag. 55
5 “Per la democrazia consiliare”, in P. Andruccioli, op. cit., pagg. 248-249