La trattativa per il rinnovo del contratto multiservizi mostra la consueta visione a breve termine e l’ingordigia di una certa classe di imprenditori
La nostra controparte punta a riscrivere le regole di un settore già di per sé a rischio per chi vi opera. Basti pensare che è stato proposto di definire in maniera più puntale entro quando i lavoratori dovranno comunicare l’insorgenza di una malattia. Ovviamente la proposta è che il lavoratore dovrà comunicare prima dell’inizio del turno l’indisponibilità, non più entro il normale turno di lavoro, come è attualmente previsto.
Ma il lato “migliore” l’hanno mostrato con la volontà di creare lavoratori di seria A e lavoratori di serie Z, in un settore dove già il livellamento tende al basso. Portando come giustificazione le difficoltà economiche dovute sia alla particolarità del mercato, sia al difficile momento economico, le parti datoriali hanno proposto di creare un diverso regime per i neo assunti, non corrispondendo la 14°, non pagando loro i primi tre giorni di malattia e riducendo il peso delle ore supplementari da 28 al 24 per cento per i primi quattro anni di lavoro: tutto ciò viene giustificato dalla necessità di rimanere competitivi in un settore dove il dumping di mercato è fortissimo. Ovviamente lorsignori non pensano neanche per un attimo di contribuire a rendere più virtuoso il sistema degli appalti, magari non riconoscendo valore di rappresentanza a pseudo sigle sindacali sconosciute ai più, che, firmando contratti al limite dell’osceno, drogano il sistema consentendo ad aziende-pirata di ottenere costi e di conseguenza presentare prezzi non gestibili da concorrenti virtuosi, se pur ne esistono.
Insomma, l’ulteriore attacco è portato avanti in sede di rinnovo, nel tentativo di rendere simile a tanti altri un contratto che fino ad oggi aveva mantenuto nicchie di positività, e un impianto capace di gestire le complessità del mondo degli appalti. Attacco portato avanti con la solita miopia che comporta una visione a breve termine e la solita ingordigia di una certa classe di imprenditori, incapaci di proiettarsi più avanti di un anno o due e di comprendere che loro stessi verranno strangolati dalla totale mancanza di regole, che è il vero portato di queste richieste.
Sottoporre i lavoratori a norme sempre più stringenti per poter accedere a diritti, che sulla carta rimangono, significa rendere impossibile il godimento di tali diritti, quindi di fatto azzerarli; significa imbarbarire il mondo del lavoro, consegnare al più forte, al più spregiudicato, il mercato degli appalti.
Rimane da esplorare un punto che preoccupa la base, i lavoratori e le lavoratrici che ogni giorno si rapportano con le impostazioni di questo contratto. Va chiarito come, e soprattutto se, applicare le norme dell’infame jobs act, che nel suo articolo 7 di fatto aggira la tutela principe di ogni lavoratore, il diritto di non perdere il lavoro per colpe non sue, ma per la semplice volontà del padrone, che magari ha in antipatia quei lavoratori che, orrore, militano in un sindacato.
Va cercata con forza una formula che metta al riparo chi, magari da vent’anni, subisce la logica del cambio appalto trovandosi ogni tre o quattro anni nuovo assunto, pur rimanendo sempre nello stesso posto di lavoro, con le stesse mansioni.
Uscire da questo perverso meccanismo darebbe nuova forza ad un settore bistrattato dalla storia e, non credo sia esagerato usare questo termine, la storia la fanno i popoli, quindi anche “le donne delle pulizie”. Poi magari la scrivono i potenti, ma questa è un altra storia.