Sempre sotto attacco le pensioni degli italiani. Come se non bastassero la legge Fornero e le altre strette al sistema previdenziale, fin dai tempi del governo Dini nel 1996. Questa volta il casus belli è stato il rapporto “Pensions at a Glance 2015” dell’Ocse, presentato a un convegno dell’Inps. Un documento nel quale si rileva, fra le tante: “La sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico richiede ulteriori sforzi negli anni a venire”.
Eppure lo studio racconta che, fino ad oggi, il sistema ha protetto gli anziani dalla povertà: dopo sette anni di crisi, gli over 65 italiani in povertà relativa sono il 9,3%, rispetto al 12.6% della popolazione totale. L’altra faccia della medaglia, che però non riguarda il sistema, è il fatto che oggi circa il 15% delle persone fra i 18 e i 25 anni sono oggi relativamente povere. E questo dato viene usato come trampolino di lancio dal presidente dell’Inps, Stefano Boeri, che butta sul tavolo una simulazione dell’istituto su 5mila lavoratori nati nel 1980.
Sul punto Boeri lancia l’amo: “Si lavorerà più a lungo, anche in rapporto alla speranza di vita. E le pensioni saranno del 25% più basse di oggi, tenendo conto degli anni di percezione. Poi ci saranno, a fronte di una crescita del pil all’1% e di possibili interruzioni di carriera, problemi di adeguatezza. Molti dovranno lavorare anche fino a 75 anni. E l’importo medio passerà dagli attuali 1.703 a 1.593 euro”.
Così come preparato, il piatto risulta davvero indigesto: “La stessa Ocse osserva che le riforme hanno portato l’età pensionabile al livello più alto in Europa – ribatte Vera Lamonica della Cgil - e che la spesa è calcolata con la parte assistenziale, in altri paesi non caricata sulla previdenza. Il vero problema è l’inadeguatezza delle prestazioni”. Quindi finiamola con gli allarmi: “Piuttosto occorre una riforma che dia risposte sul necessario tasso di solidarietà da restituire. E una politica per l’occupazione, soprattutto giovanile. L’unica che, anche nel lungo periodo, può rafforzare la tenuta del sistema”. Un sistema dove il 40,3% dei pensionati prende una pensione sotto i mille euro, e il 39,1% fra mille e duemila. In altre parole otto pensionati su dieci sono sotto i 2mila euro.
A scoprire le ultime carte Cesare Damiano, che osserva come le proposte ci siano. Si va dalla pensione di base, finanziata dalla fiscalità generale, di 442 euro mensili aggiuntiva a quella maturata con il sistema contributivo, alla totalizzazione dei contributi; dal riscatto favorevole della laurea, ai contributi figurativi in caso di disoccupazione o di passaggio di lavoro. “Basta che esista la volontà politica di applicarle - chiude Damiano - e per finanziarle si potrebbe anche utilizzare una parte dei risparmi del sistema pensionistico che, nel periodo 2012-2060, saranno di oltre 350 miliardi”.