Spunti per un’indagine sulle strutture organizzative sindacali (1)
Ormai da tempo la CGIL sta cercando di ridefinire il suo ruolo nella società italiana. Il piano del lavoro, l'ultima conferenza di organizzazione, la carta dei diritti universali del lavoro sono tutti tentativi, per il momento poco organici, di uscire dalle secche in cui il sindacato italiano è ormai impantanato da anni. Al di là di polemiche in cui troppo spesso il gruppo dirigente sembra rinchiudersi, il tema da un punto di vista storico-politico è molto più interessante e se vogliamo urgente.
Nel corso del tempo il sindacato ha cambiato proprio ruolo e funzioni. Sia ben chiaro, la missione di fondo non cambia: la rappresentanza e la tutela dei lavoratori. Ma i modi attraverso cui interpretare tale rappresentanza mutano notevolmente in base al contesto politico (interno e internazionale), ai rapporti di forza e agli equilibri di classe e alla natura stessa delle classi lavoratrici.
Spesso nei documenti o nei comizi si fa riferimento al periodo dei primi anni Cinquanta. All'epoca i dirigenti sindacali provarono ad uscire dall'angolo in cui le masse lavoratrici si trovavano con la proposta di un piano del lavoro e di uno statuto dei lavoratori. Oggi si propone di fatto la stessa strada. Quindi è abbastanza ovvio riguardare con interesse ed orgoglio a quella storia. Non bisogna però dimenticare il fatto maggiormente innovativo di quegli anni. L'ultimo Di Vittorio decide infatti di dar spazio nei gruppi dirigenti dell'organizzazione alle prospettive più innovative, fino a pochi anni prima a rischio di essere considerate eretiche dall'ortodossia comunista. L'obbiettivo è quello di compenetrare la proposta sindacale con una approfondita analisi sulla composizione della classe operaia, sulle esigenze delle nuove generazioni (la prima postbellica), sui nuovi meccanismi di sfruttamento del lavoro e sulla definizioni di vertenze più adatte a questi cambiamenti.
Non è un caso che proprio Di Vittorio nel 1955 ammetta: “La realtà è che non abbiamo fatto un esame approfondito dei mutamenti avvenuti nelle aziende, per quanto riguarda i diversi aspetti della vita produttiva, dell'organizzazione tecnica, della struttura dei salari. Abbiamo cioè peccato di genericità e di schematismo. Abbiamo applicato formule e linee inadeguate e abbiamo insistito anche quando la realtà particolare della fabbrica ha assunto forme nuove e nuovi sono diventati i metodi e le armi che il nemico ha ricominciato ad adoperare contro di noi”.
Ecco l'obiettivo di questa breve e necessariamente provvisoria riflessione sta proprio qui. Il ripensamento che la CGIL oggi sta facendo non può evitare di affrontare il fatto che tutta una serie di fattori che hanno influenzato l'attuale struttura sindacale non esistono più. E non esistono più probabilmente da diversi anni. Non spetta ad una ricostruzione storica definire l'attuale contesto, spetta invece riflettere su come e quando è venuta formandosi l'attuale CGIL, con i suoi principi ispiratori, le proprie parole d'ordine e la sua organizzazione.
Nei prossimi numeri verranno affrontate le diverse fasi che hanno dato vita alla CGIL così come la conosciamo oggi e che oggi sentiamo il bisogno di riformare per renderla più aderente e utile agli interessi dei lavoratori: dagli anni Ottanta, quando declina definitivamente la stagione delle conquiste operaie, ai primi anni Novanta con gli accordi sul contenimento salariale. Dalla seconda metà degli anni Novanta, in cui si gettano le basi per la precarietà di nuova generazione, alle mobilitazioni contro il Governo Berlusconi del nuovo secolo.
Un piccolo contributo per ricordare che ogni organizzazione sociale è figlia del proprio tempo e che non bisogna aver paura di cambiare noi stessi per rispondere alla missione di rappresentanza generale del lavoto.