Un miliardario che scende in politica lo abbiamo già visto, il re delle televisioni Silvio Berlusconi ha fatto epoca. Ora tocca a un acuto satiro ligure, bandito da Rai e Mediaset (Raiset) per i suoi attacchi ai padroni del vapore, diventare leader politico
Una storia italiana. Anche se le cose serie si decidono a Bruxelles, a Washington, a Tokyo o Pechino, Roma riesce sempre a stupire. Il partito a cinque stelle - come fosse un hotel di lusso - è un unicum. Non esistono esperienze simili nel resto d’Europa. Tutte le forze politiche, anche quelle meno ‘ortodosse’, sanno dove sedere all’europarlamento. Popolari e conservatori da un parte, verdi e sinistra europea dall’altra, socialisti e democratici nel mezzo. E i pentastellati? Stanno con l’euroscettico Farage, vincitore del referendum inglese di giugno sulla Brexit, con i fascisti ungheresi di Orban, che vorrebbero costruire muri più alti della muraglia cinese per arginare lo straniero che avanza, e con Marie Le pen, icona della destra più oscurantista. Strano ma vero. Così come sorprende che, alla prova dei fatti, gli eurodeputati a cinque stelle votino spesso e volentieri mozioni con verdi e sinistra europea, il gue/ngl. Lì dove, non per caso, siedono anche gli eletti della spagnola Podemos. Diciamolo: la parabola di Beppe Grillo è una storia italiana. Il comico intelligente che si fece leader politico, riuscendo a sparigliare le carte di una mano (italiana) il cui risultato sembrava scritto, nel segno della grande coalizione fra centrodestra e centrosinistra. Certo, un movimento cinque stelle al 25/30% fa anche comodo. Giustifica, appunto, la grande indistinta coalizione all’insegna delle ‘compatibilità’ europee: austerity, strette di bilancio, patti di stabilità. Poi però succede che gli apprendisti stregoni (del Pd) confezionino una legge elettorale che oggi rischia di ritorcerglisi contro. Come un boomerang. Un accrocchio che rischierebbe di portare i cinque stelle nell’Olimpo dei governi, lì dove c’è la stanza dei bottoni. Chi la fa la aspetti. Tanto che per tutta l’estate - e siamo solo agli inizi - c’è stato un gran fiorire di discussioni su come cambiare la legge elettorale. Tant’è.
Un miliardario che scende in politica lo abbiamo già visto, il re delle televisioni Silvio Berlusconi ha fatto epoca. Ora tocca a un acuto satiro ligure, bandito da Rai e Mediaset (Raiset) per i suoi attacchi ai padroni del vapore, diventare leader politico. Di più: sovrano assoluto ancorché illuminato del secondo partito italiano. Grillo avrebbe voluto esserne semplicemente garante. Ma, viste le differenze di sensibilità (eufemismo) fra gli eletti dal cosiddetto ‘popolo della rete’, il gran capo è stato costretto a intervenire. Senza Beppe Grillo non esisterebbe un movimento cinque stelle, come non sarebbe esistita forza Italia senza Silvio Berlusconi. L’ennesimo arcitaliano, in grado di catalizzare l’interesse di un paese costretto a vivere di leader perché ormai incapace di fare politica. Casomai la novità è che i Cinque stelle raccolgono consensi in modo trasversale e dichiarato. Nel ventennio berlusconiano nessuno ammetteva di aver votato per il Cavaliere, oggi in ogni gruppo di amici c’è chi rivendica di aver votato Grillo. Per dare un segnale, per rabbia contro le quotidiane disonestà, perché Renzi è il figlioccio di Berlusconi, perché i ladri devono andare in galera. In ogni giardino, sopra ogni pianta dei terrazzi frinisce un grillo. Continuando di questo passo, da secondo partito diventerà addirittura il primo partito. Giustificando così, ancora una volta, la necessità delle grandi coalizioni fra popolari e socialisti, che in Italia si declina nella trilaterale Renzi-Alfano-Verdini, ed è in arrivo anche Berlusconi, che ha lanciato il suo affidabile manager dal volto umano Stefano Parisi. Anche lui di vecchia scuola craxiana. E il gioco del governo è fatto. Con l’opposizione appaltata ai frequentatori degli hotel a cinque stelle che sono tanto pittoreschi quando gridano onestà, onestà, onestà. Onesti compagni e onesti camerati con cui puoi ritrovarti fianco a fianco nelle manifestazioni contro le grandi opere inutili o gli inceneritori dei veleni. Mentre stanno con casapound e la lega quando paragonano gli immigrati alle cavallette.
Proprio una storia italiana.