Respiro strategico e gestione del quotidiano - di Andrea Montagni

Nell’aprire i lavori della seconda giornata della due giorni torinesi della FILCAMS CGIL, Franco Martini, segretario confederale, ha articolato il suo intervento, breve per altro, intorno a questo ragionamento: qual è il futuro della contrattazione collettiva? Martini ha affermato che il nostro modo di pensare, il dare per scontato che sedersi a un tavolo e contrattare esisterà ancora in futuro, “forse tutto questo non è destinato a durare nel terzo millennio”.

Ovviamente, il dibattito non ha fornito una risposta alla domanda di Martini, ma credo abbia squadernato nelle discussione fatta ai tavoli e nei temi scelti, quali risultano dai report finali, il modo con il quale il quadro attivo della FILCAMS CGIL intende fare i conti con una realtà nuova anche se non inedita nella storia del movimento sindacale italiano. Una realtà nella quale non si può più dare per scontato che sia possibile “aprire un tavolo” di confronto con le controparti, perché le controparti spesso non hanno alcuna intenzione di aprire discussioni, vedi quanto sta avvenendo a livello contrattuale con la grande distribuzione organizzata, nella distribuzione cooperativa, nei multiservizi, nel pulimento artigiano. Una realtà nella quale i padroni utilizzano a man bassa le forme di lavoro deregolato, i voucher, i contratti a termine, le collaborazione per disarticolare il fronte del lavoro e la sua capacità di resistere.

La prima possibile risposta, vedremo se sarà contrattualmente mantenuta e se questa mia lettura si rivelerà corretta, è che per contrattare bisogna prima di tutto avere qualcosa da rivendicare. Perché se sai cosa vuoi e perché lo vuoi e se quel che vuoi è condiviso e corrisponde alle aspirazioni e al sentire dei lavoratori, allora hai uno strumento per l’azione e l’organizzazione. Anche se rivendicare non è ancora sufficiente. La prima risposta definisce la realtà di un sindacato che non accetta di farsi confinare nel ruolo di strumento che “concilia” le aspettative dei lavoratori con il predominio del mercato e del capitale, ritagliandosi uno spazio di cogestione dei servizi individuali e limitandosi a certificare l’arretramento costante delle condizioni di lavoro. Se hai una piattaforma “alta” che indica la prospettiva, niente e nessuno potrà distruggere la tua identità di classe.
La seconda reazione possibile è quella di rispondere comunque alle indicazioni e alle necessità dei lavoratori, organizzandoli dentro e fuori i luoghi della prestazione lavorativa, facendo valere la dimensione collettiva e contrattuale di ogni piccola conquista o passo in avanti, “sporcandosi le mani” nell’azione quotidiana. Cercando in tutto questo di mantenere il filo rosso della coerenza e mettendo al primo posto sempre e comunque l’interesse dei lavoratori.

Non a caso, ritengo, i tavoli della prima giornata sono stati i tavoli della riaffermazione dei diritti e della discussione di merito sulla debolezza della pratica contrattuale, parlando non solo del lavoro strutturato ma anche del lavoro nuovo e autonomo di seconda generazione. Mentre i tavoli del secondo giorno sono stati i tavoli della ricerca delle soluzioni per l’insieme dei problemi coniugando sul piano delle intenzioni e della metodologia, condizioni dell’azione, strumenti legislativi, pratica contrattuale, risposte ai problemi minuti e modalità di comunicazione tra il sindacato, gli iscritti e i lavoratori nel loro insieme.

La vecchia talpa, anche se in questo caso mediamente molto giovane, vista la composizione dell’Assemblea generale FILCAMS, ha ripreso a scavare.


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