Strategia, contenuti e prassi contrattuale, democrazia e pluralismo
La scelta di dare priorità alla campagna referendaria e alla discussione in tutto il paese dei contenuti della Carta dei diritti del lavoro è una scelta giusta e interamente condivisibile perché risponde in modo autorevole e dinamico ad una domanda di dignità, di cambiamento e di ascolto che è presente tra tutti i settori del mondo del lavoro, di vecchia e nuova generazione, strutturato e precario.
Circola sempre più insistente la voce che il Congresso della CGIL “slitterà” di qualche mese rispetto alla scadenza naturale del luglio 2018. La voce resta voce, perché nessuno ha deliberato ad oggi niente in proposito. Ma il fatto che in nessun bilancio preventivo per il 2017 siano stati previsti gli accantonamenti per le spese congressuali è un chiaro indizio che questa decisione appare scontata. Se slitta il congresso confederale, ça va sans dire, slittano anche i congressi di categoria, compreso quello della Filcams. D’altro canto il congresso a scadenza naturale coinciderebbe, se la legislatura dovesse durare, con la campagna elettorale e la sua fase preparatoria che in CGIL comincia sempre con molti mesi di anticipo con la campagna referendaria sul lavoro e/o con le elezioni anticipate.
Pure il rinvio del congresso porta con sé anche un rischio, rischio in parte voluto dal gruppo dirigente attuale nel suo complesso, quello di definire fuori dal dibattito congressuale e come fatto meramente burocratico e interno allo stesso gruppo dirigente una ricomposizione del gruppo dirigente medesimo con un accordo sugli assetti futuri, basato non sulla linea politica sindacale e sul programma, ma sulla definizione di nuovi equilibri di potere.
Se volgo da vecchio militante lo sguardo al passato, agli ultimi 30 anni, non ricordo dalla CGIL un posizionamento politico e strategico così di “sinistra”. Rifiuto di politiche concertative (ma lì dipende anche dal fatto che la politica nega il ruolo delle parti sociali nella elaborazione delle politiche…), negazione di ogni teoria sull’invarianza delle retribuzioni contrattuali, il rifiuto della subalternità al quadro politico, un giudizio su basi di classe sulle conseguenze della globalizzazione, ecc. L’unico elemento della vita sindacale nella quale il sindacato ha fatto come i gamberi è nei meccanismi della vita associativa. Riflettendo forse in modo inevitabile la società in cui operiamo e senza più alcun vincolo “ideologico” e valoriale alle spalle, anche nelle nostre fila si manifestano leaderismo carismatico, plebiscitarismo, insofferenza verso il dissenso, burocratizzazione del lavoro quotidiano. Le nuove generazioni corrono il rischio di frequentare una pessima scuola e quindi di formarsi anch’esse come cattivi maestri. I nuovi ingressi in segreteria confederale confermano che il pluralismo programmatico che è stata una conquista fondamentale, sta lasciando il posto al pluralismo di strutture, ai gruppi informali e di nuovo al tentativo di definire destra e sinistra in base al riferimento informale vero o presunto alle correnti del PD e della sinistra parlamentare.
L’unanimismo di facciata che ne deriva e che si riflette nel voto bulgaro con cui vengono prese tutte le decisioni, spesso nasconde contraddizioni che dovrebbero essere disvelate e affrontate per arrivare a sintesi e mediazioni che siano condivise nel corpo largo dell’organizzazione, perché altrimenti si trasformano in fuoco che cova sotto la cenere.
Occorre riportare la discussione sul terreno del merito. Dirimente deve essere il confronto sulla strategia, sui contenuti e sulla prassi contrattuale, sul carattere democratico e pluralista di una organizzazione che deve per davvero tornare a restituire centralità ai delegati e alle delegate.
Cresce il divario fra l’impianto strategico e la prassi quotidiana. Il nostro impegno è su come rimuoverlo
I tempi della confederazione saranno scanditi fino a primavera dalla campagna referendaria. Anche la Filcams sarà impegnata con iniziative che sono state discusse nella prossima Assemblea generale. Le iniziative sul referendum segneranno il tempo di tutto il resto della attività nella nostra e nelle altre categorie. Così deve essere per segnare in modo inequivocabile il peso della CGIL e del lavoro nella vita politica del paese. E la Filcams per la composizione della categoria stessa potrà parlare con argomenti e un linguaggio assai chiaro di voucher e dii responsabilità del committente negli appalti, perché i nostri iscritti soffrono sulla carne viva le conseguenze della legislazione del lavoro che i referendum vanno a modificare.
Se il tempo è segnato dalla campagna referendaria confederale e dell’apporto di tutte le categorie a questo sforzo, la vita quotidiana della nostra categoria è incardinata in una difficilissima fase contrattuale nella quale il fronte padronale si presenta ad un tempo compatto, per la volontà dei padroni di riprendersi i diritti e le tutele conquistate in anni e anni di contratti, e contemporaneamente disarticolato per la frammentazione e la rivalità delle organizzazioni padronali che si fanno concorrenza e si scindono sulla base, non della offerta di servizi migliori alle imprese, ma per l’“offerta” di condizioni contrattuali più basse per i lavoratori.
L’esito, o per meglio dire lo stato di stallo dei rinnovi contrattuali nel settore dei servizi (perché su quelli di altre categorie non mi pare opportuno che ci si pronunci pubblicamente se non per lodarli quando e per quanto possibile), ci interroga e ci pone domande. Così come gli accordi quadro che or ora abbiamo firmato a livello confederale su artigianato e con Confcommercio.
Quello che balza agli occhi è che sempre più cresce – nonostante le nostre resistenze – il peso della contrattazione di secondo livello, peraltro sempre largamente inesigibile per la maggioranza dei lavoratori, e diminuisce il peso del contratto collettivo nazionale di lavoro, la cui potestà salariale è messa in discussione e che tende a diventare una cornice più che nocciolo e polpa del sistema di tutele e di diritti contrattuali. Cresce il peso del welfare contrattuale e si allarga la sfera di quello aziendale. Il rischio che corriamo è che per la stragrande maggioranza dei lavoratori il CCNL cessi di essere un punto di riferimento, una certezza, un punto di partenza nel riconoscimento del valore del lavoro e della professionalità.
L’aspetto più rilevante è il divario crescente fra l’impianto strategico e la prassi quotidiana. Di questo divario e di come rimuoverlo dobbiamo discutere.
Solo poco tempo fa, abbiamo svolto in forma seminariale una sessione della nostra Assemblea Generale che ha segnato un importante livello di partecipazione ed elaborazione. Quando saranno pubblicati i materiali di quel seminario, potremo esaminare la distanza tra le idee, le aspirazioni, le buone prassi, i sentimenti che quel seminario ha suscitato e organizzato in forma programmatica e le scelte quotidiane che tutti noi facciamo nella contrattazione, nelle vertenze, nell’assistenza. Torneremo sull’argomento con analoga valenza sul piano qualitativo e quantitativo. La prima occasione sarà la nuova Assemblea generale di approfondimento che è già prevista nel nuovo piano di lavoro nazionale della Filcams per il 2017.
La sinistra sindacale, di cui Lavoro Società ha raccolto, fino ad oggi, il testimone nei suoi passaggi congressuali e prima ancora delle dinamiche di movimento, non ha soltanto il compito di rappresentare e organizzare un pezzo di storia, di prassi sindacale, di idee e di valori: la lotta di classe, la società di liberi ed uguali, il sindacato come organizzatore collettivo. La sinistra sindacale non ha solo il compito di far si che questa cultura trovi anche un riconoscimento organizzativo (quelli che polemizzano sui posti in genere i posti ce li hanno e semplicemente non ne vogliono cedere nemmeno uno perché li hanno già “impegnati”). La sinistra sindacale ha sempre avuto e deve avere il compito di rappresentare un punto di vista critico e innovativo che parte dai lavoratori per tornare ai lavoratori. Ha rappresentato uno stimolo, un “di più” nella discussione della CGIL e della categoria.
Nel momento in cui la CGIL e la Filcams si caratterizzano nella vita politica e sociale italiana come l’unico riferimento organizzato e di massa del mondo del lavoro non ci possiamo sottrarre dall’obbligo di contribuire anche noi alla determinazione di una nuova fase dell’azione sindacale che faccia i conti con la complessità.