Abrogazione dei voucher e ripristino della responsabilità solidale negli appalti: erano questi i due quesiti referendari, insieme alla presentazione della Carta dei diritti universali del lavoro, per i quali la Cgil nel 2016 ha raccolto 4,5 milioni di firme. Il 17 marzo, dopo la comunicazione del 28 maggio come giorno della consultazione, il governo ha varato un decreto per abrogare i buoni lavoro e per ripristinare la responsabilità solidale negli appalti. Un decreto definitivamente convertito in legge il 19 aprile.
La crisi e le modifiche legislative al mercato del lavoro degli ultimi anni si sono riversate sulle condizioni dei lavoratori, sempre più fragili ed economicamente precari, fino ad arrivare al governo Monti con la legge Fornero prima e al jobs act di Renzi poi.
La Cgil ha avuto il merito di riportare al centro dell’attenzione mediatica il tema del lavoro, seppur con tutte le critiche e le posizioni contrarie. In particolare la proposta di abolizione dei voucher ha creato un dibattito acceso, a tratti molto superficiale. Uno strumento nato con l’intento di far emergere il lavoro nero ha avuto risultati completamenti diversi, checché ne dicano i sostenitori. Dopo la liberalizzazione dell’uso a più settori e l’aumento del tetto massimo, i voucher hanno avuto un’esplosione significativa negli ultimi tre anni: siamo arrivati a 140 milioni nel 2016.
Non è successo, come dicono i fautori, facendo diminuire il lavoro nero, ma legalizzando una modalità per pagare meno il lavoro, destituendo le forme contrattuali strutturate. Inoltre l’utilizzo del buono lavoro - come sappiamo bene nei servizi di cura e nel turismo - ha nascosto spesso lavoro irregolare o grigio: il pagamento di qualche ora con i voucher è stato l’alibi per le aziende, che al contempo hanno continuato a utilizzare lavoratori in nero per le restanti ore.
L’abolizione dei voucher non porterà il ritorno del lavoro nero, come sostenuto dai nostri antagonisti, dato che non è mai scomparso; ma sarà indispensabile, nel più breve tempo possibile, regolare il lavoro subordinato occasionale. Nella proposta di legge sulla Carta dei diritti universali, agli articoli 80 e 81 la Cgil ha indicato un’alternativa precisa. La Carta dei diritti è stata incardinata nell’agenda della commissione lavoro della Camera, e questo, ulteriore risultato della nostra iniziativa rappresenta la vera sfida per ricostruire il diritto del lavoro nel nostro paese.
Il secondo quesito referendario, inizialmente messo in ombra, anche mediatica, era per la Filcams un tema importante. Il ripristino della responsabilità solidale negli appalti richiama all’attenzione e alla trasparenza le aziende che fanno parte del sistema, difendendo le lavoratrici e i lavoratori che subiscono le differenze di trattamento nelle garanzie basilari tra chi lavora nelle aziende committenti e nelle aziende appaltatrici e sub appaltatrici.
Per un ente pubblico, come per il privato, affidare all’esterno la prestazione di beni e servizi non può tradursi in de-responsabilizzazione e abbattimento dei costi. Quella scelta di ricorso all’appalto deve garantire la certezza e la qualità agli utenti finali. Ciò non può avvenire se non si riconoscono diritti e tutele ai lavoratori che operano in quegli appalti.
Anche su questo tema si è aperta una forte contrapposizione nella politica e con le associazioni di rappresentanza. Il ripristino della responsabilità in solido, insieme a altri temi ancora in discussione nel nuovo Codice degli appalti, è considerata una delle tante regole che metterà un limite alla concorrenza e alla capacità di sviluppo e investimento delle imprese. Come dire che nel nostro paese tutto ciò che costituisce un sistema di regole per operare e concorrere nel mercato, con trasparenza, legalità e responsabilità, è per definizione insostenibile; mentre la violazione dei diritti, il sottocosto, la divisione e l’incertezza che si scarica sulle persone che lavorano si può fisiologicamente sostenere, o quanto meno tollerare.
L’iniziativa della Cgil e la proposta di legge per la Carta dei diritti universali del lavoro vogliono cambiare questo paradigma. È una sfida importante che può segnare uno spartiacque fra il passato e il futuro: rimettere al centro il lavoro, la sua dignità, il suo valore è il cambiamento necessario per migliorare le condizioni sociali, e costruire un nuovo progetto di crescita e sviluppo per il paese.
[Quest’articolo è stato già pubblicato su “sinistra sindacale” numero 8 del 23 aprile 2017]