Non ci sono riusciti con il Ttip, ci stanno provando con il Ceta. Ma il 25 luglio scorso è saltata in Senato la ratifica del Comprehensive economic and trade agreement (di qui l’acronimo Ceta), il trattato di libero scambio fra Unione europea e Canada che, di fatto, permetterebbe anche al Ttip di rientrare dalla finestra, dati gli strettissimi rapporti politici e commerciali fra il Canada e gli Stati uniti d’America.
Quella di fine luglio è stata una piccola grande vittoria, visto che il governo Gentiloni aveva annunciato a chiare lettere che la data del 25 luglio doveva essere rispettata. Non è stato così. Ma sarebbe un errore marchiano pensare che le forze sostenitrici del Ceta (Pd, Ap, Forza Italia) si siano arrese definitivamente. Ci riproveranno, gli interessi in gioco sono troppo grandi, e le multinazionali che si aspettano l’approvazione definitiva del trattato sono le stesse che, in maggiore o minore misura, sostengono sia l’attuale governo che quelli degli ultimi anni, da Berlusconi a Monti, da Letta a Renzi. Prova ne è che, a Strasburgo, il Parlamento europeo ha dato l’ok al Ceta nello scorso febbraio con i voti favorevoli dei Popolari, dei Socialdemocratici e dei Liberali.
Insomma non bisogna abbassare la guarda. Così la campagna “Stop Ttip Italia” è andata avanti anche nel mese di agosto, grazie all’ospitalità offerta dalle feste dei partiti di sinistra – Rifondazione comunista e Sinistra italiana in testa – che hanno organizzato incontri e tavole rotonde sull’argomento. Invitata d’obbligo la Cgil, impegnata anch’essa nel contrastare civilmente il trattato. “Siamo soddisfatti che il voto sul Ceta sia stato rimandato a settembre – ha osservato sul punto Fausto Durante – è stato un primo risultato della mobilitazione e dell’impegno profuso da un gran numero di associazioni, tra cui la Cgil e le sue categorie”.
Per il responsabile politiche europee e internazionali della Cgil il trattato di libero scambio tra Canada e Unione europea “è un accordo che non risponde ai bisogni e ai diritti dei cittadini e dei lavoratori. È malsano per l’agricoltura italiana, per la qualità del cibo e dei prodotti alimentari e per i servizi pubblici. Per questo non può essere approvato frettolosamente, nel silenzio e nell’assenza di dibattito e di informazione pubblica e senza un adeguato percorso democratico. La nostra azione quindi non si fermerà, e subito dopo le vacanze riprenderemo le iniziative di sensibilizzazione per creare una coscienza collettiva sulle conseguenze del Ceta, affinché il Parlamento italiano decida tenendo conto delle legittime preoccupazioni e del parere negativo di larga parte del paese”.
Contro il Ceta si sono espresse anche numerose Regioni, votando delibere contrarie e chiedendo al Senato di fermare il processo. Lazio, Lombardia, Liguria, Veneto, Puglia, Calabria, Marche e Valle d’Aosta, oltre a centinaia di Comuni, hanno intimato al Parlamento di aprire una consultazione ampia sugli effetti del trattato. La campagna “Stop Ttip Italia” ha diffuso un dossier, “Debunking Ceta: manuale di sopravvivenza alla disinformazione sull’accordo Ue-Canada”, in cui affronta e smentisce punto per punto le affermazioni e le stime sul Ceta. Ultimi ma non certo per ultimi gli agricoltori, che a migliaia hanno protestato a Roma in piazza Montecitorio per fermare il trattato. “Per la prima volta nella storia dell’Unione europea – avverte Coldiretti – si vuole accordare il via libera alle imitazioni dei prodotti italiani più tipici, considerato il Ceta prevede la tutela di sole 69 Dop e Igp sulle 367 registrate in Italia”.