Abbiamo chiesto alla giornalista Geraldina Colotti, rientrata dal Venezuela, una opinione sulla situazione del paese
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Per smascherare chi afferma di essere più chavista di Chávez ma poi si allea con l’oligarchia, il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha fatto ricorso alla saggezza popolare: si può conoscere una persona valutando le sue frequentazioni. Nel 2002, per esempio, i vertici della Confederazione sindacale CTV andavano a braccetto con la locale Confindustria. Insieme hanno appoggiato il colpo di Stato contro Chávez, portando brevemente al comando Pedro Carmona Estanga, presidente di Fedecamaras. Prima che il popolo liberasse il presidente legittimo, Carmona aveva abolito la Costituzione e dato corso a una dura repressione, silenziata dai media privati, altri attori del golpe.
La Confederazione internazionale dei sindacati liberi (Icftu), a cui aderivano anche Cgil-Cisl-Uil, prese però lucciole per lanterne, appoggiando Ctv e Fedecamaras in nome dei diritti dei “lavoratori” e sostenne anche la serrata petrolifera padronale scambiandola per “sciopero generale”. Peccato che a difendere i lavoratori e le loro conquiste fosse e continua a essere il socialismo bolivariano. E, infatti, il primo bersaglio delle destre maggioritarie in parlamento è stata l’avanzatissima legge sul lavoro, che ora l’Assemblea Nazionale Costituente intende “blindare”, forzando le gabbie dello Stato borghese.
L’“equivoco” persiste e una sinistra italiana disorientata da anni di consociativismo e rassegnazione a perdere scambia la “rivolta dei ricchi” per una protesta legittima contro la “dittatura”. Che i paladini dei diritti siano quelli che più li violano (da Trump a Santos, da Temer a Macri, passando per i nostri “centristi” europei) sembra non porre problema.
A forza di fare gli struzzi, si finisce per occultare la vera natura della società borghese, legittimandone contraddizioni e storture. Persino in spregio al buon senso della saggezza popolare.