Per il codice civile italiano, secondo l’art. 45 della Costituzione, una società cooperativa è una società senza fini di speculazione privata, dove il fondamento dell’agire economico è il soddisfacimento dei bisogni del socio, secondo i principi di mutualità, solidarietà e democrazia.
Ricordiamoci queste parole mentre ci occupiamo di una azienda iscritta all’albo delle cooperative, la Sicuritalia servizi fiduciari s.c, una società leader nel settore dei servizi della sicurezza e del portierato, in grado di raddoppiare il fatturato nel giro degli ultimi 5 anni (dal 2011 al 2016 con 68.114.109,00 € attuali), ponendosi in testa al proprio settore di mercato ed in controtendenza rispetto alla quasi totalità della concorrenza.
Ora andiamo ad analizzare le modalità di come opera questa azienda al suo interno, per capire le reali motivazioni di queste condizione sui generis che la contraddistinguono. In primo luogo, andremo ad approfondire i principali strumenti di cui si avvale per mantenere alti i profitti: Il basso costo del lavoro; la non sindacalizzazione del settore fiduciario, senza la presenza di delegati sul territorio, l’alta offerta di forza lavoro che il mercato le offre; la capacità di derogare, modificare ed arginare il CCNL tramite assemblee interne, svolte in maniera poco ufficiale e molto equivoca.
La paga oraria dei soci non supera in media i 5 € lordi all’ora (alla faccia dell’art. 36 della costituzione che recita “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”). Ad esempio, un neoassunto andrà a percepire un salario di circa 800 € lordi (4,60 € lordi l’ora) su una base di 40 ore settimanali, quindi a tutti gli effetti al lavoratore verrà riconosciuta una paga part-time per un impiego full-time. Per quanto riguarda le prestazioni straordinarie, non vengono rispettate in nessun modo le maggiorazioni di vario genere, in quanto per qualsiasi tipo di straordinario viene a corrispondere un’incomprensibile remunerazione, fuori contratto, di 80 centesimi lordi l’ora.
Queste condizioni economiche, seppur di modesto peso specifico, non vengono garantite a tutti i soci, poiché chi non possiede una postazione fissa ed è costretto a continui spostamenti territoriali, nella migliore delle ipotesi potrà ricevere un corrispettivo economico in base alle ore lavorate, come fosse un lavoratore a cottimo. Ed è proprio su questo aspetto che ruota tutta la politica interna di Sicuritalia, dove molte centinaia di lavoratori “senza fissa dimora”, sono costretti alla piena reperibilità (non retribuita) h24 senza avere un adeguato preavviso, a meno che non vogliano ricevere in cambio una busta paga prossima allo 0. Inoltre a tali mancanze economiche, ne conseguono altre di varia natura, come le indennità, i congedi, le malattie, che sommate al resto, creano importanti inconveniente sulle già esigue buste paga. Un altro fattore determinante che influisce notevolmente al mantenimento di tale status quo, è la mancata presenza di delegati sindacali, per cui tutti i lavoratori non hanno modo di far valere i propri diritti, se non con azioni spontanee ed individuali, che come ben sappiamo non hanno nessuna possibilità di successo. Questa debolezza fa si che l’azienda adotti verso i lavoratori una politica aggressiva ed intransigente, con minacce di licenziamento, continui cambi di postazione ed intimidazioni verbali. Per questo motivo sono pochi i casi in cui i lavoratori fiduciari della Sicuritalia hanno deciso di scioperare contro tali ricatti, come nel caso di Padova, Vicenza, Rovigo e Torino. A questa fragilità da un lato, corrisponde una forte supremazia societaria dall’altra, dovuta oltre a quanto detto sopra, alla concentrazione del potere di mercato nelle mani di pochi istituti di cui Sicuritalia fa parte e con cui collabora a livello nazionale, costituendo dei veri e propri cartelli di mercato e riproducendo delle effettive condizioni di monopolio. Ci sono vari esempi a riguardo non di poco conto che confermano tali affermazioni, come nel caso della vicenda dell’appalto per l’Expo di Milano, finita per l’appunto in tribunale. Una torta da 20 milioni di euro, spartita tra una manciata di istituti. Detto ciò, riassumendo le informazioni fornite in questo articolo, possiamo desumere la criticità delle condizioni in cui versa il lavoro in questo istituto e di cui i lavoratori sono vittime, riconosciuti teoricamente come soci di una cooperativa finalizzata, almeno formalmente, alla cooperazione e alla solidarietà interna, ed al contrario confinati dentro una realtà totalmente disarmante, arrogante ed avida di opulenza.