Dobbiamo ringraziare e sostenere, come fanno la Filcams e la Confederazione, Marica Ricutti, la lavoratrice licenziata dalla multinazionale Ikea e i suoi compagni di lavoro che si sono ribellati al grave sopruso di cui è stata vittima. La loro lotta ha portato alla luce l’esistenza lavorativa concreta delle persone, che in troppo luoghi di lavoro è svalorizzata e denigrata. E’ una vicenda che, oltre a dimostrare l’importanza dell’articolo 18, dice di quanto il decantato jobs act sia uno strumento di precarietà e di “tutele decrescenti”.
Come per la vicenda Amazon, tornano al centro le condizioni di lavoro, l’asservimento della produzione a logiche di consumo a basso costo che si traduce in un’organizzazione del lavoro fatta di sfruttamento intensivo, precarietà, assenza di diritti. A questo si accompagnano la crisi economica, la centralità del mercato e la ricerca assillante del profitto che ci stanno riportando indietro di cent’anni, a intollerabili forme di schiavismo che mortificano i giovani.
Delle nuove tecnologie si fa un uso distorto che non produce liberazione, qualità del lavoro, buone relazioni contrattuali, ma un “moderno”, rinnovato scontro tra capitale e lavoro che si consuma sulla pelle e la dignità delle persone che lavorano. L’algoritmo si traduce in nuove forme di sfruttamento, nel “vecchio” cottimo e in un controllo disumanizzato e senza volto.
Il lavoro e le sue condizioni sono un’emergenza sociale e politica - la Cgil lo denuncia da tempo, in solitudine - per responsabilità di una politica e di governi lontani dalla realtà del lavoro.
C’è bisogno di una lotta lunga e costante per far avanzare chi è indietro, senza voce, diritti, un futuro degno, per una reale uguaglianza di diritti e possibilità. Qui sta la ragione della nostra mobilitazione del 2 dicembre, per ribadire che è “solo l’inizio” di una complessiva e lunga “vertenza” sociale e politica.