Il Quarto stato di Pellizza da Volpedo
In un’epoca di incertezza sociale ed economica, guardare con speranza al capolavoro novecentesco “Il Quarto Stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo può apparire fin troppo banale, ma assolutamente necessario per richiamare alla memoria un sentimento di unità sociale ormai sempre più spesso dimenticato.
Esposta per la prima volta alla Quadriennale di Torino nel 1902, l’imponente tela di circa 15 mq, è il risultato di un lungo processo di lavoro iniziato nel 1891, anno al quale risale la prima versione dell’opera intitolata “Ambasciatori della fame”. Un’opera nata dopo aver assistito ad una manifestazione di un gruppo di operai e nella quale appaiono già alcuni elementi caratteristici come il terzetto posto in avanti rispetto al resto del gruppo di manifestanti. Non è la prima volta che le lotte di fine secolo vengono raccontate da artisti e pittori, ma Pellizza da Volpedo è tra i primi ad abbandonare le scene degli scontri per concentrarsi sulla realizzazione di un quadro generalizzante che non rappresenti solo i contadini di Volpedo, ma un’intera parte della società. La composizione tumultuosa ed agitata sembra quietarsi nella seconda versione dell’opera “Fiumana” (1895-1898) in cui la folla di gente appare vastissima fino a formare appunto una fiumana umana. La scelta cromatica si è spostata sui toni del rosso e del giallo con un punto di vista meno alto e per la prima volta appare la figura femminile con in braccio un bambino nel terzetto in prima fila. Allegoria dell’umanità questa figura sottolinea la globalità della lotta di classe per la quale l’arte, secondo il pittore vicino al pensiero di Filippo Turati, non può che farsi strumento.
Non ancora soddisfatto del proprio lavoro Pellizza torna a lavorare sulla sua più grande opera sociale con un’ultima versione “Il cammino dei lavoratori”. Fin dal titolo è evidente che soggetto della rappresentazione non è più la fiumana di gente, ma gli uomini del lavoro che fanno della lotta per il diritto universale una lotta di classe. La pittura stessa si carica allora di significato politico e sociale, arte per l’idea, e la tecnica scelta da Pellizza per tale scopo è quella del Divisionismo in cui la pennellata è composta di piccole linee simili a filamenti. Una corrente artistica contemporanea al Puntinismo francese con il quale condivide l’imporsi all’esaurirsi dell’Impressionismo e la stesura sulla tela di soli colori primari la cui sintesi cromatica avviene direttamente sulla retina dell’occhio umano. A differenziarli, oltre al tipo pennellata, è la scelta della tematica e dei soggetti: gli italiani preferiscono le tematiche socialiste, storiche, simboliche e di denuncia. Ad essere rappresentato dunque non è solo il vero, ma la realtà dei fatti elaborata dal pensiero. Pellizza abbandona allora il titolo iniziale di questa ultima versione per quello definitivo de “Il Quarto Stato” con un evidente richiamo al Terzo Stato della Rivoluzione francese mettendo così in luce una nuova forza sociale pronta a rovesciare gli ordini costituiti.
E’ il 1901, il secolo del progresso è iniziato e la folla di lavoratori rappresentata dal pittore sembra entrarvi con passo fiero e sicuro. I protagonisti del dipinto sono disposti orizzontalmente in una composizione del tutto classica che rimanda a quella dei fregi, ma che evoca contemporaneamente compattezza e che sottolinea l’avanzata del gruppo. Al passato rimanda anche l’espressività dei personaggi con rimandi alla “Scuola di Atene” di Raffaello e all’ “Ultima cena” di Leonardo da Vinci. Tra la folla uomini e donne assumono atteggiamenti naturali come proteggersi gli occhi dal sole, parlare, voltare la testa, mentre in un uomo al centro, con la mano nella cintola della cintura e l’altra a reggere la giacca sulla spalla, è affiancato da un’altra figura maschile che appare quasi assorta nei suoi pensieri e da una donna, ritratto dell’amatissima Teresa, che a piedi nudi porta con sé un bambino mentre con la mano sinistra incoraggia la marcia il cui avanzare è sottolineato dalle pieghe dell’abito. A sottolineare visivamente l’unità del gruppo è una linea retta formata dalle teste mentre una linea curva che unisce i loro piedi crea un movimento simile a quello di un’ondata potente e inarrestabile.
In un dialogo silenzioso fatto di sguardi e di gesti il proletariato si unisce nell’opera di Pellizza - portata al successo dalla stampa socialista, ma riscoperta storicamente e criticamente solo negli anni Cinquanta dal critico Corrado Maltese - in un cammino verso la luce del sole, verso il progresso sociale e un futuro pieno di aspettative lasciandosi alle spalle il passato che tramonta. Un’unità, una forza e uno scopo comune che superano lo scorrere del tempo e dei quali la società contemporanea ha più bisogno che mai.