La terza e ultima opera buffa di Mozart potrebbe essere scelta come colonna sonora dei periodici mutamenti ai vertici della Rai. Così fan tutte le forze politiche, quando si affacciano in viale Mazzini forti del mandato ricevuto dai cittadini elettori. Invariabilmente, inevitabilmente, cercano di piantare le tende accanto al cavallo rampante di Saxa Rubra e a quello più sofferente del quartiere generale Rai. Dorabella e Fiordiligi, al secolo Luigi Di Maio e Matteo Salvini, si stanno rivelando meno oneste - e meno furbe - delle promesse spose mozartiane. Non c’è neppure stato bisogno di un don Alfonso pronto a incoraggiarle, architettando piccole trappole tentatrici. Il cavallo non si è trasformato in sirena e Ulisse non è stato costretto a legarsi all’albero maestro della nave. Nel più classico stile della politica italiana, come la conosciamo da cinquant’anni a questa parte, l’occupazione delle pregiate poltrone presidenziali è stata pianificata in quattro e quattr’otto. Più che una rivoluzione culturale sembra di vedere un saccheggio medievale. Del resto non c’è Mao, c’è Di Maio. Se questa è la terza repubblica (come da citazione del leader pentastellato), non si notano differenze con le due che l’hanno preceduta. E forse, insieme alla nostalgia dei tempi andati, quando democristiani, comunisti e socialisti si spartivano le tre reti Rai nel segno di un consociativismo realizzato, restano i rimpianti per quel che poteva essere e invece non è stato.
Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, la Rai ha conosciuto la stagione dei professori, quella del Cavaliere imperante e più recentemente quella del renzismo arrogante, ora tocca ai pentaleghisti, che si sono presentati come un’armata invincibile. Ma hanno trovato sul loro cammino un emulo di Luigi XIV, quel Silvio Berlusconi che al posto dello Stato sono io, pronuncia con autorità la frase ‘la televisione sono io’. Imporre al Cavaliere il nome di Marcello Foa, che pure si è fatto le ossa sul Giornale di casa, si sta rilevando un’impresa non facile. E al momento non sappiamo se la storia si concluderà con un festoso girotondo fra tutti i personaggi dell’opera buffa. Perché con Berlusconi mai, tuonano da sempre e per sempre gli allievi di Beppe Grillo. Ma i voti di Forza Italia sono decisivi in commissione vigilanza per far eleggere il sovranista e anti quirinalista Foa. Ognuno è artefice delle sue fortune, dicevano gli antichi, e forse il presidente in pectore della Rai avrebbe potuto evitare quell’attivismo sui social che da una parte l’ha portato ad essere considerato papabile, dall’altra rischia di azzopparlo proprio in vista del traguardo.
Se avesse chiesto consiglio ai cavalli di Viale Mazzini e Saxa Rubra, magari gli avrebbero suggerito una corsa più felpata, come da primo comandamento Rai.