Il governo giallo-verde italiano, con in prima fila il suo ministro dell’interno Salvini, ci mette anche del suo, visto che il cosiddetto “decreto sicurezza” prevederebbe l’abrogazione quasi totale della protezione umanitaria in Italia e la cancellazione della rete Sprar, mentre il cosiddetto “reddito di cittadinanza” escluderebbe gli immigrati. Con verbi rigorosamente al condizionale, a causa degli enormi problemi giuridici legati all’applicazione pratica di simili provvedimenti. Mentre per certo si può usare l’indicativo per ribadire che sul macro-tema dei migranti il governo fa tanta propaganda. Con l’occhio rivolto alle elezioni continentali di maggio, visto che il declamato scontro con gli “eurocrati” di Bruxelles, sul fronte dell’immigrazione, ha una ragion d’essere più sottile di quanto appaia.
Sulla tutela dei diritti umani universali, l’intera Europa sta infatti offrendo una visione politica altrettanto miserevole di quella dei singoli Stati. Le ultime riunioni del Consiglio europeo, nato con il Trattato di Lisbona per definire “le priorità e gli orientamenti politici generali”, in altre parole per dare l’indirizzo politico dell’Ue, ne sono una dimostrazione più che evidente.
Mentre gli sbarchi e le richieste di asilo hanno raggiunto i livelli più bassi degli ultimi anni - 172mila nel 2017, a fronte di 71,4 milioni di richiedenti asilo nel mondo nello stesso 2017 – i paesi dell’Unione hanno deciso di vigilare ancor di più le mura della Fortezza Europa. In che modo? In primo luogo confermando gli accordi con i paesi di transito extra Ue (fra questi Niger, Libia, Tunisia) per creare “centri controllati” - cioè campi di concentramento – per esaminare le richieste di protezione internazionale prima dell’arrivo in Europa. In parallelo, cercando di attuare pienamente l’accordo (costosissimo, ndr) fra Ue e Turchia, per fermare i flussi. Infine progettando di adottare lo stesso meccanismo dei “centri controllati” anche sul territorio Ue, per bloccare, identificare e valutare chi sia riuscito comunque a raggiungere il vecchio continente.
Nel caso italiano, va aggiunta la campagna di criminalizzazione delle Ong impegnate nei soccorsi. E la parallela “azione dissuasiva” verso chi, come il sindaco di Riace, Mimmo Lucano, o il parroco pistoiese don Andrea Biancalani, ha cercato di disobbedire ad una linea politica tanto antistorica quanto falsamente “consolatoria”, nei confronti di una popolazione autoctona impoverita e inacidita da una crisi basata su ben altri fattori macroeconomici. Non certo dalla presenza degli immigrati. Comunque in tutta l’Unione europea la priorità della tutela dei diritti umani appare sempre più subordinata alla riaffermazione dei confini. Siano essi quelli nazionali, cari alla destra cosiddetta “sovranista” che così cerca di attaccare l’attuale governance dell’Ue, oppure continentali, come dimostrano le decisioni prese dal Consiglio europeo.
il coprifuoco per i migranti
Un segno dei tempi, questo appare la circolare della Prefettura di Firenze che, in sostanza, ha imposto il coprifuoco ai migranti ospiti dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas). I richiedenti asilo dovranno rientrare entro le otto di sera, invece che alle 23. Questo perché “si avvicina l’inverno, le giornate sono più corte”. In parallelo, un’altra circolare prefettizia ha disposto il controllo dei pacchi di acquisti fatti on-line. Motivazione ufficiale: “Sicurezza, per controllare ciò che viene portato all’interno della struttura, e verifica che gli acquisti siano compatibili con la situazione economica dell’ospite”. Straccioni devono essere.
Dalla Prefettura hanno spiegato di applicare il decreto legge 142/2015 (governo Renzi), che indica un generico ‘orario notturno’. “Non è coprifuoco, in estate il rientro era alle 23, ora è stato anticipato”. Ma la storia del coprifuoco ha il copyright del sindaco di Domodossola, Lucio Pizzi – noto per l’ordinanza per separare nelle stanze vaccinali i bambini stranieri da quelli italiani – che aveva chiesto al prefetto di Verbania di far rientrare i migranti alle otto di sera, “per motivi di decoro e sicurezza”.
La notizia partita da una denuncia della Fp Cgil (i lavoratori dei Cas dovrebbero diventare dei kapò) ha mosso le acque. I Giuristi democratici e quelli dell’Asgi hanno subito fatto ricorso, mentre il presidente toscano Enrico Rossi, che ha chiesto alla Prefettura di ripensarci, ha osservato: “Non potendo operare apertamente una discriminazione degli stranieri, escogitiamo provvedimenti al limite della costituzionalità e dei diritti universali, alla ricerca del ‘capro espiatorio’”.