Il nodo cruciale della sicurezza nei luoghi aperti al pubblico. Non solo per i lavoratori - di Giovanni Vangi

La tragedia del 7 novembre a Corinaldo e l’attentato terroristico della sera dell’11 dicembre ai mercatini di Natale di Strasburgo sono due episodi incomparabili tra di loro. Il primo con i suoi 6 morti e 59 feriti, risultato della calca e del combinato disposto (ce lo dirà la Magistratura come e quanto) tra violazione delle norme sulla sicurezza degli spazi adibiti a luoghi di pubblico spettacolo e comportamenti irresponsabili di singoli individui e il secondo azione di guerra asimmetrica di milizie irregolari di fascisti islamisti contro la pacifica popolazione francese. Ai ragazzi e alla mamma morti e feriti a Corinaldo e alle vittime di Strasburgo tutto il mio rispetto e cordoglio.

Queste tragedie mi hanno riportato alla mente quanto successe nel centro commerciale “I Gigli” di Campi Bisenzio domenica 17 settembre 2017.

“I Gigli” sono un grande centro commerciale situato a Campi Bisenzio, in posizione strategica rispetto alle uscite delle Autostrada del Sole e della A11: 134 negozi, tra cui i megastore di Mediaword Oviesse, Zara, Piazza Italia, Apple, Primark, una decina tra ristoranti e fast food tra cui Mc Donald’s, Old Wild West, i banchi del mercato centrale. Un migliaio gli addetti.

Ero a Lecce, con la delegazione della FILCAMS e della CGIL fiorentine alle giornate del Lavoro, l’appuntamento annuale della CGIL che si svolge dal 2014.

Per farla breve: giunse una telefonata di una delegata che mi disse: “C’è stato un attentato ai Gigli”. Era domenica, il centro era affollatissimo.

La versione ufficiale fu poi che un bambino cinese aveva inavvertitamente premuto il bottone dell’antincendio di un negozio e la paura aveva fatto il resto. Quello che in realtà si verificò furono attimi di panico, una folla che correva all’impazzata verso le uscite gridando che c’era stato un attentato e che stavano sparando all’interno del centro commerciale.
I lavoratori raccontarono di essersi chiusi negli sgabuzzini dei negozi, qualcuno di aver tirato giù le saracinesche cercando riparo per se stessi e per i clienti; raccontarono di persone cadute e calpestate, di magazzini invasi in cerca delle uscite di sicurezza e così via.

Fortunatamente non ci furono morti, solo feriti e non gravi, ma tanta paura.
I giornali e le televisioni non ne parlarono per niente e molti non sono a conoscenza di quanto accaduto.

Le reazioni dei clienti sono state le più variegate... da chi scappava a chi premeva per rientrare e finire gli acquisti. I furti che si verificarono in quei momenti di panico ammontano a cifre enormi.
La paura si trasformò in rabbia nei confronti dei lavoratori che avrebbero dovuto “salvarli”, avrebbero dovuto tutelarli.

La legge sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è studiata per luoghi ben definiti, “chiusi”, non toccano problematiche che riguardano la parte che mischia i lavoratori dei servizi con quella dei cittadini, degli utenti, dei clienti.

Ma chi avrebbe dovuto tutelare i lavoratori? Questa domanda l’abbiamo posta alla Direzione del Centro Commerciale, realizzando una serie di incontri fra la Direzione del Centro Commerciale, i loro addetti alla sicurezza e i nostri delegati sindacali per provare a capire come è strutturata la sicurezza e che forme di prevenzione avrebbero messo in atto.
Da questa discussione sono rimasti fuori i piccoli negozi. Ma dove non ci sono RSA e RSU la salute e la sicurezza rappresentano un problema ancora più grande. I lavoratori non possono lasciare il negozio e spesso è un problema anche solo poter andare in bagno, deve arrivare la vigilanza a sorvegliare il negozio mentre la commessa non è presente e... quando non arriva? E... se uno non si sentisse bene?

Tutte domande che faticano a trovare una risposta...

E quando un cliente è particolarmente aggressivo, quando lancia l’ombrello contro la cassiera perchè non passa un codice, quando la insulta, che forma di sicurezza c’è?

Questi aspetti vengono ancora più amplificati nei giorni di maggior afflusso, come la domenica e i festivi. Mi viene da sorridere quando sento parlare gli “espertoni” di lavoro domenicale, quando sento frasi come “chi lavora nel commercio lo sa che è aperto... se non gli va bene… che non firmi il contratto”, come se oggi uno potesse scegliere quale professione fare... oppure, ancora, “faranno a turno”, come se fioccassero assunzioni...

La realtà è che molte aziende dichiarano esuberi e stanno utilizzando contratti di solidarietà; e le rotazioni spesso non sono nemmeno lontanamente immaginabili perché, almeno nel centro commerciale “I Gigli”, il fatturato si concentra nel fine settimana, mentre gli altri giorni sono “morti” e quindi la presenza dei lavoratori è ridotta all’osso.

E ancora... “Gli pagano le maggiorazioni”: è vero, ma un 30% in più ripaga di trascorrere una giornata intera fuori casa lavorando con livelli di stress alle stelle? I contratti integrativi che prima garantivano una retribuzione che ripagava questo sacrificio, almeno da un punto di vista economico sono stati tutti disdettati.

E nei negozi, dove lavoravo al massimo 2-3-4 persone, che turnazione ci si può inventare?

Quante ore dovrebbero lavorare la domenica per dare il riposo ad uno di loro a rotazione?

Mi rendo conto di aver buttato tanta carne al fuoco, di non aver dato risposte e di non provare nemmeno a proporre soluzioni, ma ho voluto condividere una riflessione a mente libera, che faccia riflettere su un lato del problema che spesso si conosce poco e che non si affronta. Nella speranza che questi miei pensieri sparsi possano stimolare una discussione che possa permettere di affrontare queste tematiche mettendo a disposizione le esperienze, la contrattazione, la discussione e la formazione che abbiamo provato a portare avanti in questi anni con i nostri delegati e la Direzione del centro. E con il tentativo di garantire chi rappresentiamo attraverso le RSA e le RSU, ma anche di farci carico, come organizzazione, di rappresentare le piccole realtà sperimentando attivamente una contrattazione di sito, cercando anche di dare voce a chi è dipendente di un piccolo punto di vendita ma lavora in una realtà che complessivamente conta oltre 1000 lavoratori di settori diversi: commercio, turismo, pulizie, vigilanza. Ossia tutta la nostra Filcams!


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