A oltre un decennio dalla crisi mondiale, l’aumento delle diseguaglianze sociali e la crescita vertiginosa delle nuove povertà ci mettono sempre più di fronte all’evidenza che le politiche di austerity, l’egemonia del liberismo e la creazione di un mercato globale senza regole fondato sulla svalutazione competitiva del lavoro, hanno prodotto nuove categorie di “esclusi/e” e hanno amplificato quelle storiche (donne, giovani, migranti, lavoratori e lavoratrici di paesi terzi in cui le aziende trasferiscono la loro produzione).
Ergo: urge recuperare e conquistare spazi sul terreno dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, dei cittadini e delle cittadine.
La crisi è stata spesso utilizzata come espediente per assoggettare i lavoratori e sottomettere governi e intere comunità all’influenza di mercati globali.
Sono aumentati il lavoro precario, l’e_commerce, i processi di digitalizzazione, robotizzazione e automazione e la conseguente destrutturazione del sistema produttivo e distributivo basato su schemi privi di luoghi, di orario e di tempo . Sono aumentate le piattaforme e le forme di occupazione informale (GIG E economy).
La mancanza di investimenti pubblici, necessari per far ripartire concretamente l’economia e l’occupazione, il blocco del turn over nel pubblico impiego, lo smantellamento dei servizi pubblici essenziali, hanno avuto come diretta conseguenza la riproposizione di ricette politiche economiche tarate sulla deregolamentazione del mercato del lavoro e il consequenziale aumento dell’occupazione vulnerabile, il rallentamento della riduzione della povertà lavorativa, nonché dati allarmanti di disoccupazione e occupazione giovanile con un grandissimo esodo di massa verso l’estero e la creazione di una pericolosa competizione fatta sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici funzionale al profitto delle imprese, che ha ridotto il lavoro a merce e fattore di plusvalore.
Il quadro descritto finora sollecita e amplifica il ruolo e le prospettive d’azione del sindacato , della Cgil, della Filcams , all’interno di un mondo e di un’organizzazione del lavoro fluidi e profondamente mutati dove la scomposizione dei cicli produttivi, la riorganizzazione dei servizi pubblici, l’uso senza limiti degli appalti ha prodotto frammentazione sociale e parcellizzazione nel mondo del lavoro.
In questo contesto, il sindacato, può giocare un ruolo chiave atto a ricompattare il blocco sociale del lavoro ed invertire quella tendenza storica che negli anni di crisi ha reso sempre più ricco chi aveva di più e sempre più povero chi un lavoro ce l’aveva stabile, chi ce l’aveva precario e chi non ce lo ha mai avuto.
Questa è la realtà che dobbiamo osservare e da cui dovremmo partire per elaborare ragionamenti, analisi e azioni da mettere in campo, elevando il profilo della contrattazione oltre un’impostazione meramente difensiva.
E allora cosa fare per ricostruire e ricompattare un tessuto sociale/lavorativo sempre più sfilacciato, indebolito e vessato?
Il lavoro è ancora il motore di emancipazione, libertà, senso di appartenenza sociale e ricchezza?
Lo può essere solo se, all’interno di una strategia complessiva, si definisce la contrattazione inclusiva come l’intreccio tra diversi livelli di contrattazione ovvero la connessione, per quanto è possibile, tra contrattazione sociale e territoriale con quella nei luoghi di lavoro ,per affermare un modello contrattuale basato sull’universalità, solidarietà, coesione e inclusività, partendo dalla dignità e dai diritti del lavoro, unica risposta alla sempre più incalzante domanda di protezione e promozione sociale .
Solo così si possono ricomporre i diritti delle persone, donne giovani, migranti, in una unica comunità e in un nuovo quadro di giustizia sociale per tutti/e.
La proposta della carta universale dei diritti del lavoro già ha segnato il passo, rivendicando diritti universali per tutti e tutte a prescindere dall’applicazione contrattuale, dalla mansione e dalla professionalità. La centralità delle persone, dei loro bisogni, nel lavoro quanto nella società, è un presupposto determinante nelle nuove relazioni sociali, nonché un prerequisito individuale per un riconoscimento collettivo.
La contrattazione inclusiva, mettendo in correlazione (e non su piani separati) tre pilastri: contrattazione sociale , territoriale e azioni di tutela nei luoghi di lavoro rappresenta non una variante secondaria della contrattazione, ma il nuovo e prioritario modello contrattuale del sindacalismo confederale, in grado di allargare e coniugare tutela dei diritti di cittadinanza con quelli del lavoro.
Hic et nunc, assume valenza strategica provare a proporre e organizzare una contrattazione territoriale, di settore o di area /sito, che preveda percorsi democratici di validazione, sia delle piattaforme che degli accordi, per dare risposte a tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici che non possono esercitare il diritto alla contrattazione aziendale, come, per esempio, chi lavora in aziende al di sotto dei 15 dipendenti ovvero più della metà dei lavoratori del nostro paese, nelle quali le tradizionali forme di esercizio della democrazia e della rappresentanza sono sostanzialmente precluse.
Le materie da trattare in un’area/sito produttivo potrebbero essere tante: appalti, relazioni industriali (diritti di informazione preventiva, informative su andamento aziendale, confronto preventivo su appalti, etc),diritti sindacali universali (permessi, agibilità sindacali, diritto di assemblea, informazioni ed uso dei social o reti anche per ragioni sindacali etc), con l’auspicabile formalizzazione attraverso un contratto integrativo del coordinamento di sito e coordinamento delle RSU/RSA, salute e sicurezza, genitorialità (estendendo le previsioni di miglior favore esistenti anche ai lavoratori degli appalti o comunque di diversi contratti esistenti nel sito), assistenza e cura dei familiari (estendendo le misure di miglior favore in relazione ai congedi parentali), trattamenti uniformi per integrazione malattia/infortunio, accesso uniforme ai servizi aziendali (mensa, spogliatoi, etc).
I siti da individuare diversi, come centri commerciali, fabbriche, cantieri, ospedali, aeroporti, centri intermodali, stazioni etc.
Necessaria sarà l’interlocuzione con più categorie attraverso una regia confederale per individuare temi comuni al fine di creare un'unica piattaforma rivendicativa che dovrà essere discussa ed approvata da tutte le persone interessate, in un clima di massimo coinvolgimento e condivisione.
Costituire Delegati/e Sociali o Polifunzionali / dei Servizi che, previo apposita formazione, sappiano dare prime informazioni sui posti di lavoro su tutele individuali e welfare ( RDC, assegno dei tre minori , social card , Isee, bonus mamma, contributo sugli affitti, prestazioni dei Servizi Sociali etc) in sinergia con il Sistema Servizi (Caaf, Inca , Sol, Sunia, Federconsumatori) potrebbe essere un ulteriore modo per rispondere alla continue richieste rivenienti da lavoratori e lavoratrici non legati dallo stesso contratto e dalle stesse tutele in un ottica “sovrasettoriale “ ma solidaristica.
I delegati/delegate devono essere un hub, un nodo di smistamento di informazioni anche tra i tanti studenti e le tante studentesse che con l’alternanza scuola/lavoro o attraverso Garanzia Giovani, si incontrano nei posti di lavoro e potrebbero aver bisogno di supporto o aiuto.
E’ necessario connettere la contrattazione sociale, territoriale e di genere con quella dei luoghi di lavoro: welfare territoriale e contrattuale. E’ un’opportunità sia per favorire una programmazione territoriale che il ruolo pubblico di governo di questo processi, ed evitare il rischio di ulteriori disuguaglianze nel mondo del lavoro, di impoverimento e di contrazione del welfare pubblico.
La contrattazione sociale territoriale dovrà trattare i molteplici aspetti dello sviluppo e dell’insieme della condizione sociale delle lavoratrici, dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati, delle giovani e dei giovani, dei migranti e dei nuovi cittadini.
Le tematiche da approfondire e definire potrebbero essere:
- Servizi socio/sanitari;
- Politiche d’istruzione e infanzia;
- Politiche dell’abitare;
- Politiche d’inclusione e dell’immigrazione
- Trasparenza , appalti, legalità ed esternalizzazioni;
- Fiscalità locale;
- Progetti d’integrazione tra welfare territoriale e contrattuale.
In sintesi è necessario costruire percorsi di partecipazione e comunità nei territori con un occhio di riguardo verso i bisogni di lavoratori e lavoratrici invisibili, come lavoratori stagionali, degli appalti, dei servizi, tirocinanti e stagisti coinvolgendo nell’elaborazione di piattaforme oltre alla nostra rappresentanza, anche altre organizzazioni sindacali, datoriali , istituzioni ed espressioni associative, con assemblee territoriali e nei luoghi di lavoro.
Le Camere del Lavoro insieme alle categorie devono assumere un ruolo fondamentale se vogliono ritornare ad essere luogo di ricomposizione della rappresentanza e riferimento insostituibile e accogliente per lavoratori e lavoratrici e soprattutto per soggettività lavorative parcellizzate .
Abbiamo bisogno di inventare nuove frontiere e nuove dimensioni della contrattazione, non per disperdere energie, ma per recuperarle e modificare i rapporti di forza.