Tap: davvero un’opera strategica? - di Claudia Nigro

La Trans Adriatic Pipeline (TAP) è la parte finale del ‘Corridoio Sud’, un gasdotto lungo quasi quattromila chilometri, che parte dal giacimento azero di Shah Deniz.

TAP è la prosecuzione della South Caucasus Pipeline (SCP), il tratto dall’Azerbaigian alla Georgia, e della Trans Anatolian Pipeline (TANAP) che attraversa la Turchia fino al confine greco di Kipoi.

Da Kipoi la pipeline si snoderà lungo 878 chilometri. Toccherà la massima altitudine a 1800 metri tra i rilievi albanesi e la massima profondità a 820 metri sotto il livello del mare.

La TAP approderà in Salento, a San Foca, avrà il suo termine a Melendugno, ma il gas continuerà la sua corsa, convogliato per 55 km fino a Brindisi per confluire nella Rete Adriatica SNAM.

La Rete Adriatica, che dovrebbe raccogliere anche il metano di altri due gas dotti (il Poseidon e l’Eagle LNG Terminal & Pipeline) risalirà la penisola per 687 km fino a Minerbio (BO) e, a Sulmona, ha già previsto la costruzione di una centrale di compressione del gas.

Oltre il nodo di Minerbio, il gas verrà canalizzato verso la Svizzera attraverso Passo Gries e verso l’Austria, a Tarvisio.

L’azionariato Tap è composto da British Petroleum (20%), l’azera Socar (20%), Snam (20%), i belgi di Fluxys (19%), gli spagnoli di Enagás (16%) e Axpo (5%).

Da oltre 6 anni il progetto di gasdotto TAP è sotto i riflettori a livello locale, nazionale e internazionale. Molti l’hanno definito strategico e “Progetto di interesse Comune”, in quanto rivestirebbe un ruolo importante ai fini dell’approvvigionamento energetico, offrendo una alternativa al gas russo. Ma a lavorare sui giacimenti di gas c’è però anche il gigante russo Lukoil con il 10%.


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