La conferma di Sergio Costa al ministero dell’ambiente, su esplicita richiesta del fondatore del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, non sembra essere stata gradita dalla sempre potente lobby inceneritorista. All’indomani dell’investitura del generale dei carabinieri forestali nel secondo governo di Giuseppe Conte, Costa ha avuto modo di ribadire il suo pensiero sulla gestione dei rifiuti urbani: “Attenzione, io ho un approccio laico su questo, non estremista: non penso che tutti gli inceneritori d’Italia vadano chiusi all’istante. Penso che quelli che ci sono bastino ad accompagnare il percorso verso economia circolare e rifiuti zero”. Parole in meritoria controtendenza rispetto al passato, con una importante puntualizzazione: “Le idee di M5S e Pd su questo si sono già riavvicinate. Nel piano regionale fatto nel Lazio da Nicola Zingaretti non ci sono nuovi inceneritori e c’è la chiusura di Colleferro. L’ho ringraziato per questo. Adesso bisogna velocizzare il resto del percorso, senza zigzag”.
I numeri dell’impiantistica del settore dicono che dal nord al sud della penisola sono in funzione 285 impianti di compostaggio, mentre i centri del grande consorzio del riciclo Conai sono in tutto 588, e sul fronte degli inceneritori ne sono attivi 49. I fautori dell’incenerimento puntano naturalmente l’indice sulle discariche, che nel complesso restano 123, di cui 51 nel nord d’Italia, 27 al centro e 45 al sud, e che nei piani dell’Unione europea dovrebbero ridursi considerevolmente. In risposta, viene puntualizzato che l’economia circolare consiste nel recupero e nella conservazione di materia, non nella sua combustione e distruzione. Con la materia che deve essere conservata, continuando a circolare entro il sistema, mentre l’energia che alimenta i cicli deve essere esterna, grazie all’energia solare e alle altre rinnovabili.
Per certo l’obiettivo del governo - e del ministero dell’ambiente – è quello di investire sulla necessaria realizzazione di impianti per il riciclo e per la selezione accurata dei rifiuti solidi urbani, in modo da arrivare almeno ad una percentuale del 70% di recupero. Così facendo l’attuale dotazione di impianti di incenerimento sarebbe sufficiente a completare il ciclo. Non può che far piacere poi la dichiarazione programmatica del nuovo esecutivo, secondo cui “tutti i piani di investimento pubblico dovranno avere al centro la protezione dell’ambiente, il ricorso alle fonti rinnovabili, e la protezione della biodiversità e dei mari”.
Va da sé che questo impegno dovrà essere mantenuto, nel segno di un contrasto finalmente efficace agli stravolgimenti climatici che ormai sono sotto gli occhi di tutti. Anche contando su una tecnologia sempre più avanzata, e in grado di coadiuvare una transizione ecologica che deve orientare non soltanto il ciclo dei rifiuti ma anche l’intero sistema produttivo, riducendo al massimo gli sprechi e riutilizzando i materiali in cicli successivi.
Terra dei fuochi anche in Lombardia
La Lombardia ha una dotazione di impianti di compostaggio all’avanguardia, sono ben 65 sui complessivi 285 censiti nella penisola. In parallelo, la ricca regione lombarda, forte di circa 10 milioni di residenti, ha anche una dotazione “inceneritoristica” di tutto rispetto, contando ben 13 impianti solo per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani. In questo contesto teoricamente felice, almeno agli occhi dei fan dell’incenerimento, fanno impressione i numeri degli incendi – quasi sempre dolosi – che hanno interessato negli ultimi anni gli impianti di stoccaggio e i centri di trasferimento della raccolta differenziata. Sono notizie che raramente superano i confini delle cronache locali, ma che hanno acceso la luce rossa dell’allarme sia nella magistratura requirente che nella commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. “L’ultimo importate, vasto incendio si è sviluppato qualche settimana fa – segnala il deputato Alberto Zolezzi del M5s - nei locali di una ditta di stoccaggio a Settimo Milanese, proprio mentre stavamo facendo in quella zona delle audizioni della commissione di inchiesta”.
Forte è il sospetto che i continui roghi siano legati a doppio filo alla criminalità organizzata, a conferma c’è in corso a Milano è un processo che vede coinvolti alcuni fra i principali clan della ‘ndrangheta, come i Barbaro-Papalia e i Paparo. Per certo comunque le decine di incendi ai depositi e agli impianti di compostaggio in Lombardia fanno capire che anche una dotazione “virtuosa” dell’impiantistica, compresa quella inceneritorista, non è sufficiente a garantire una efficace transizione ecologica verso l’economia circolare, in assenza di norme certe e soprattutto di una strategia governativa ad hoc per l’intero settore.