“Perché lo fai, disperato ragazzo?”. Un giovane Marco Masini scioccava la platea di Sanremo raccontando una drammatica storia di dipendenza. Dopo quasi trent’anni, la dipendenza dal potere ha giocato un brutto scherzo a Matteo Salvini.
Si discuterà a lungo sul perché il leader leghista, ben saldo al governo e all’apice della popolarità, abbia deciso di chiedere la crisi facendo harakiri. Chi gli vuol bene dirà che aveva bevuto troppi mojito al Papeete beach di Milano Marittima, chi gliene vuole un po’ meno continuerà a sostenere che il Capitano si è fidato del mefistofelico Nicola Zingaretti, segretario Pd, che gli aveva assicurato il nulla osta del partito tricolore alle elezioni ad ottobre.
Nell’uno o nell’altro caso, si è trattato di un azzardo politico degno di un giocatore incallito, di un ludopatico, non di un leader politico. Dalle stelle alle stalle. A tal punto da dover subire perfino la vendetta di Silvio Berlusconi, che lo ha trattato come un Dudù qualsiasi.
La stentorea dichiarazione del Cavaliere di alabastro merita di essere ricordata: “Ora Forza Italia torna ad essere perno di un centrodestra liberale ed europeista, lontano dalle ingenuità sovraniste e populiste”. Perché tanto odio? Tant’è.
Di sicuro Matteo Salvini è riuscito nell’impresa di rianimare non uno, ma ben quattro avversari politici in un sol colpo. Per primi i Cinque stelle che a inizio agosto, dopo l’approvazione del decreto ‘sicurezza bis’, erano ridotti ai minimi termini, anche se restavano forti di un reggimento di parlamentari.
A seguire il Pd, lacerato al suo interno, e sopravvissuto allo scoglio delle europee solo grazie ad uno strategico silenzio durato l’intera campagna elettorale. Che dire poi di Leu, realtà ectoplasmatica, che ora si ritrova non solo al governo, ma anche con un ministro di peso (la Salute). Quanto a Barlusconi, viste le ultime vicende di Forza Italia, con Toti e Carfagna coordinatori licenziati all’improvviso in favore di un caminetto da operetta, per gratitudine dovrebbe almeno appuntarsi al doppio petto la spilla di Alberto da Giussano.
A questo punto la domanda viene spontanea: ma davvero Salvini pensava che tutti questi spaventati, anche comici, guerrieri della politica (Di Maio, Zingaretti&Renzi, Grasso, Berlusconi) avrebbero buttato alle ortiche i loro gruppi parlamentari, eletti appena diciotto mesi fa, per lasciare spazio a un governo Salvini-Meloni? Ma cosa hai messo nel moijto, barista del Papeete beach? È andata a finire che l’Italia ha un nuovo governo, concepito a ferragosto e nato pochi giorni dopo.
Affidato, guarda un po’, di nuovo a Giuseppe Conte. Altro che visconte dimezzato, il professore di diritto privato dell’ateneo fiorentino non ha lasciato, ha raddoppiato. Con la benedizione del Vaticano, dell’Unione europea, perfino delle persone normali, donne e uomini di un’Italia che non è certo diventata buonista ma che aveva pensato che quando era troppo, era troppo.
Si alza il sipario del nuovo governo, il pubblico sembra addirittura ben disposto. L’avreste mai detto a inizio agosto?