I lavoratori e la FILCAMS-CGIL nella tempesta della pandemia - di Federico Antonelli

Non è un bel compleanno, questo sessantesimo della nostra FILCAMS. L’emergenza ha investito come una valanga anche il mondo sindacale e la CGIL è in prima fila: punti di riferimento indispensabili per i lavoratori, che all’ansia per la salute, loro e dei loro cari, devono associare anche il pensiero per il proprio lavoro.

Fin dai primi giorni è stato forte il richiamo che arrivava dai nostri settori. In un momento in cui l’organizzazione era impegnata in prima fila su diversi fronti complessi (internalizzazione dei precari delle scuole, vertenza Conad, l’avvio della discussione del rinnovo del CCNL del commercio); è stato necessario scrivere una nuova agenda, in cui la preoccupazione per la salute delle persone è stata la prima grande sfida.

Nel dibattito pubblico a lungo si è concentrata l’attenzione solo sul personale medico e paramedico dimenticando che insieme a loro negli ospedali, nelle strutture sanitare, operano migliaia di addette che corrono gli stessi rischi, lavorando con la medesima abnegazione al servizio delle persone e del paese. Le donne delle pulizie, le addette alle mense, il personale addetto ai Centri di prenotazione. Tutto personale di quella vasta rete dei servizi un tempo definita invisibile ma che tale non può più essere. Impegnata ad ogni ora, con turni massacranti a cui non è stato sempre semplice assicurare protezione con gli indispensabili dispositivi di protezione individuale.

C’è poi il personale delle farmacie, della filiera del farmaco. In queste settimane stiamo ripetendo che la farmacia è un punto di riferimento per tutti. Nelle comunità locali, piccole o urbane, la farmacia offre un servizio di consulenza molto spesso parallelo a quello del medico di base. E soprattutto nelle prime settimane, quando i rischi connessi al contagio non erano così chiari, queste persone sono state esposte troppo. Adesso che la paura è grande e c’è maggior consapevolezza del pericolo e molti interventi si stanno realizzando, ma non tutti sono sufficienti. Con loro, anche tutti gli addetti della filiera del farmaco: i magazzini, i depositi che smistano nelle farmacie le medicine.

agazzinieri, trasportatori, addetti ai call center che devono lavorare su volumi mai affrontati prima con una pressione fisica e psicologica pesantissima; basta vedere una sede della logistica per comprendere quanto ristretti siano gli spazi e di fronte a un virus in cui la distanza sociale è la prima cura la paura delle persone è tanta.

Ci sono poi le addette della grande distribuzione alimentare. Persone, che non hanno interrotto per un solo momento di lavorare, che hanno subito, in maniera clamorosa, la ritardata reazione delle persone, della clientela che con lentezza ha saputo uniformarsi a comportamenti più sicuri e prudenti. Non è una facile e gratuita accusa, è la consapevolezza che le file, i comportamenti disinvolti dei primi giorni a cui quasi tutti abbiamo indugiato, sono stati una delle cause di aumento dei contagi a cui quindi il personale dei supermercati è rimasto esposto direttamente.

A queste categorie bisogna aggiungere tutti coloro che si occupano di manutenzione: dai bancomat, ai macchinari per l’industria. Tutti gli impianti dell’edilizia privata e pubblica: ascensori, riscaldamento, trattamento dell’aria. Tutti questi lavoratori continuano ed essere presenti sulle strade, nelle aziende, negli ospedali o nelle fermate della metropolitana.

Per tutte queste categorie la sicurezza è stata la priorità: e così abbiamo discusso, combattuto e ragionato per ottenere la consegna dei corretti DPI, per applicare procedure e prassi che riducessero il rischio. Il tutto in maniera spesso convulsa e vorticosa perché l’emergenza non si preannuncia in maniera chiara. La nostra categoria ha dovuto gettarsi in trattative a cui non c’era, non poteva esserci, la corretta preparazione. Ma abbiamo imparato alla svelta e dopo il protocollo di difesa e contenimento della diffusione del virus nei luoghi di lavoro del 14 marzo, abbiamo fatto passi in avanti. Si è sviluppata una contrattazione difficile, per le implicazioni connesse ai diversi settori, ma che oggi offre i primi tangibili risultati. Nei giorni scorsi è stato sottoscritto il protocollo con la Confcommercio di contenimento del virus nel settore del commercio e della distribuzione organizzata.

Non è stato un percorso facile, ed è un percorso ancora da compiersi. Purtroppo troppe parti dell’imprenditoria italiana hanno cercato, con tenacia a volte irresponsabile, di mantenere aperte attività e produzioni a cui si poteva facilmente rinunciare. Se pensiamo alle ancora troppe attività non essenziali aperte, e i rischi che li corrono i lavoratori, si comprende quanta retorica sia stata spesa: compresa quella dei runner, moderni untori, additati per qualche giorno come colpevoli della diffusione del morbo. Tacendo volutamente di quanto le fabbriche e i magazzini siano, con gli ospedali, i luoghi più temibili di contatto ravvicinato e diffusione del Covid-19.

Ma non solo la sicurezza: l’organizzazione del lavoro e le sue articolazioni hanno visto una rivoluzione epocale. Il lavoro da casa, in remoto che fino a pochi mesi fa era più diffuso nei convegni che negli uffici è diventata la frontiera e la salvezza di molte attività. Tutto il mondo del terziario avanzato ne è stato coinvolto e moltissimi lavoratori hanno trovato rifugio in questa nuova modalità di lavoro, che li ha preservati dai rischi dell’ufficio mantenendoli comunque in attività. Perché l’altra faccia di questa emergenza è la gigantesca crisi che sta provocando. Tutti i livelli della nostra organizzazione, per ruolo e responsabilità territoriale, devono fronteggiare una situazione tanto pesante quanto densa di incognite. Le procedure di utilizzo degli ammortizzatori sociali sono migliaia: a livello nazionale e a livello territoriale. Nei primi giorni su questo fronte la confusione ha rallentato tutto, aumentando l’ansia sociale dell’incertezza. Quali strumenti si potranno utilizzare, quali le corrette interpretazioni delle diverse norme che si son succedute? Con la difficoltà di un provvedimento che, mentre estende gli ammortizzatori a tanti settori fino ad oggi privi, rende più difficile strappare accordi che prevedano l’erogazione degli stessi in anticipo da parte delle aziende.

La nostra organizzazione nella crisi rivela a tanti che non lo sapevano una faccia bella: quella di un punto di riferimento autorevole al quale chiedere informazioni e aiuto. Soggetto di contrattazione aziendale e sociale che ne rafforza il ruolo, anche di orientamento delle di


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