Librerie: la fase 2 non è una festa - di Federico Antonelli

La riapertura nelle parole dei delegati

Sconcerto: la prima sensazione quando il Governo ha ufficializzato la decisione di riaprire le librerie. Nel pieno della crisi sanitaria, con i centri storici delle città deserti a causa delle norme di distanziamento sociale e del blocco di ogni attività e spostamento sul territorio, si decide di riaprire le librerie? In libreria non si va in modo frettoloso a comprare un oggetto preciso, si va a consultare volumi, regalarsi del tempo per scegliere, chiedere consigli al libraio. E’ un luogo di sosta e piacere in cui passare parte del proprio tempo libero.

“Ce lo aspettavamo da qualche giorno, da quando alcuni personaggi della politica e della cultura battevano sul concetto del libro come nutrimento per l’anima.” Racconta Fabrizio, delegato della Feltrinelli a Roma. “Ma siamo rimasti lo stesso sconcertati e la preoccupazione e l’agitazione hanno colto molti di noi.”

Di quei giorni di fine febbraio e inizio marzo ci racconta Giuliana, delegata fiorentina del “Libraccio”: “Quando sono state istituite le prime zone rosse in Lombardia e Veneto e qui a Firenze era ancora tutto aperto. Molti di noi erano già in difficoltà dovendo organizzarsi per accudire i figli rimasti a casa dopo la chiusura delle scuole, poi i contagi salivano e l'evidente impreparazione di tutti ad affrontare l'emergenza aumentava la preoccupazione per la nostra salute e quella dei nostri cari. Nonostante le preoccupazioni per l'affitto da pagare, i mutui, l'annuncio della chiusura è stato per tutti un sollievo.” Salario e salute troppo spesso entrano in conflitto: anche stavolta non si è sfuggiti a questa drammatica contraddizione.

La cassa integrazione in deroga è stata siglata praticamente in ogni catena di librerie e questo ha dato una piccola certezza ai lavoratori di un settore in ogni caso spesso in difficoltà. Pochi però gli accordi positivi di quei giorni: quasi mai si è ottenuta l’integrazione del trattamento di cassa e raramente l’anticipazione dei ratei di quattordicesima e tredicesima mensilità. Quasi due mesi con la cassa ferma sono diventati lo scoglio su cui si sono infranti diversi negoziati. Era chiaro che la contraddizione di cui parla Giuliana sarebbe esplosa ancor più fragorosa al momento della ripresa.

“Noi a Roma abbiamo beneficiato del ritardo delle aperture dettato dalla Regione Lazio” racconta ancora Fabrizio, “questo ci ha permesso di gestire ciò che avevamo strappato nelle discussioni fatte con l’azienda: alla riapertura dei negozi avrebbero lavorato, inizialmente, soltanto i volontari. Gli altri colleghi sarebbero intervenuti in un secondo momento, a situazione consolidata.” Ma gestire non significa un percorso semplice e lineare. “Alcuni direttori hanno cercato di forzare la mano fingendo che certi accordi verbali non esistessero. Abbiamo dovuto agire con forza per far rispettare gli impegni che l’azienda aveva preso nel corso dei colloqui e negoziati fatti.”

Ma se per Danilo, a Milano, il lavoro non si è ancora riavviato a causa delle norme regionali che hanno rinviato la riapertura al quattro di maggio, a Firenze Giuliana racconta che: “alcune librerie, come la mia, hanno riaperto sulla disponibilità dei lavoratori, ma con gli stipendi a zero in attesa dei soldi della cassa integrazione siamo tutti costretti a lavorare, schiacciati tra la paura di andare al lavoro e la necessità di portare lo stipendio, o almeno una parte di esso, a casa.”

Ancora la drammatica scelta tra la tutela della propria salute e il problema salariale. I ritardi nei pagamenti da parte dell’INPS, l’estrema difficoltà di percepire l’anticipazione, da parte delle banche, dell’indennità di cassa e gli esigui importi delle anticipazioni forfettarie, hanno costretto molte persone a compiere scelte forzate.
Ancora Giuliana: “purtroppo sull'apertura non c'è stata coesione con i colleghi, perché, sebbene spaventati e sconcertati dalla scarsa comunicazione da parte dell'azienda durante tutto il mese di chiusura, hanno prevalso le preoccupazioni economiche e in alcuni casi anche la paura di perdere il lavoro.”

La necessità impone le scelte; questa la drammatica conferma di questa esperienza. Bisogna tenerne conto quando si fantastica sulla fase 2 e sui protocolli che le aziende affermano voler rispettare. Dove non esiste possibilità di controllo, dove le persone non sono libere di scegliere indebolite dalla necessità economica, non esiste vero rispetto della salute e dei protocolli di sicurezza dichiarati e spesso sottoscritti. Perché l’altra grande contraddizione che dobbiamo combattere è quella dei costi degli interventi, o del loro impatto estetico, addirittura. Perché una mascherina con la visiera può lasciare perplesso un direttore commerciale. Perché apporre due protezioni in plexiglass alle casse raddoppia i costi alla direzione acquisti. Perché il diritto alla salute viene pesato: quanto costa, su chi faccio l’intervento e che ritorno in termini di immagine ottengo. Si avvia così una logorante rincorsa che a volte sfinisce e da la sgradevole sensazione dell’inutilità. Invece di inutile non c’è nulla: “io credo che il lavoro sindacale fatto sia stato fondamentale anche se non tutto all’inizio è filato liscio. Le persone sanno che abbiamo degli strumenti di gestione della crisi che altrove non hanno, questo è importante.” Così Fabrizio di Feltrinelli.

“Diverse questioni legate alla sicurezza non sono completamente risolte (non è facile rinunciare al contatto con il cliente o limitarne il tempo di permanenza all'interno della libreria, così come non è facile ridurre i contatti tra noi colleghi), ed è evidente che attività come la nostra, passate dall'avere un rischio bassissimo ad essere considerate ad alto rischio, hanno molte difficoltà ad adeguarsi alle nuove priorità, e non parlo solo delle disposizioni pratiche di igiene e contingentazione.” Giuliana racconta così il cambiamento.

Sono molte le cose che queste tre settimane nelle librerie ci hanno insegnato: la fase due non sarà una festa, durante la quale ricostruire una nuova e positiva realtà. Sarà i un laboratorio in cui sperimenteremo le contraddizioni tra salario, condizioni materiali e libertà individuale. Le paure delle persone faranno i conti con i mutamenti in corso: un periodo di enorme e faticoso lavoro in cui, ogni accordo o buon risultato contrattuale, dovrà essere rivendicato continuamente per non disperderne il valore.


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