Per i migranti nessun “recovery” - di Riccardo Chiari

Il ministro degli esteri maltese Evarist Bartolo lo aveva ribadito a fine maggio: “Non diventeremo il Centro di crisi dell’Europa”. Parlava dei migranti, e si rivolgeva ad un’Unione europea che continua a non rispondere nei fatti al pur sancito principio della “equa condivisione delle responsabilità”. Ma così facendo, denuncia la ong Human Right Watch, Malta si sente in dovere di adottare comportamenti ritenuti “vergognosi”. Si va dai respingimenti illegali, alle condizioni miserevoli di vita sulle “navi quarantena” dove chi riesce ad arrivare sull’isola viene stipato per almeno due settimane.

Ma quello che più indigna è il comportamento delle forze armate maltesi, che spesso e volentieri si rifiutano di soccorrere i profughi e li spingono in direzione di Lampedusa. Con il risultato che nello sgarrupato hotspot dell’isola, nello scorso fine settimana, si contavano un migliaio di ospiti, per lo più ammassati per forza di cose fuori dalla struttura.

Il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, non fa sconti a nessuno. Né a questo governo, né a quello che lo ha preceduto. “Salvini continua a comportarsi da mentitore seriale, sostenendo che quando lui era ministro `non c’erano più sbarchi´. Nulla di più falso. Quando lui era ministro gli arrivi a Lampedusa sono sempre proseguiti, basterebbe leggere i report del ministero per verificarlo”.

Certo oggi, nonostante gli sforzi del Viminale e della ministra Lamorgese, se l’Europa non avrà sui migranti la stessa idea comune che, pur faticosamente, ha portato all’approvazione del recovery fund, le stragi nel Mediterraneo continueranno. E il grido “stiamo morendo” dei 140 migranti avvistati su due barchette sovraffollate, nei dintorni di una Malta che non rispondeva al loro sos, diventerà abituale. Per i migranti nessun “recovery”, nessun recupero.