Il presidente del Consiglio più amato dagli italiani oggi rischia di passar di moda. Come i pantaloni a zampa di elefante, ma loro possono tornare sulla cresta dell’onda, perché nell’abbigliamento i gusti sono ciclici.
In politica le regole sono diverse, così Giuseppe Conte potrebbe finire sommerso dalla stessa onda che, nella primavera scorsa, lo aveva portato ad essere il politico più apprezzato dai cittadini-elettori. Per giunta a palazzo Chigi si avvertono alcuni scricchiolii, la maggioranza che sostiene l’esecutivo non riesce più a cantare in coro, come auspicato dal capo dello Stato Mattarella.
Certo, pensare di disciplinare Matteo Renzi è come cercare di fermare il vento con le mani, di svuotare il mare con un secchiello. Ma il problema non è tanto l’ex ragazzo di Rignano sull’Arno, quanto la lotta politica a bassa intensità fra Cinque stelle e Pd. Il tormentone Mes - gli ormai famosi 37miliardi che l’Europa potrebbe assicurare per il comparto sanitario - dimostra che la battaglia per la leadership nel governo è viva, al pari del coronavirus.
E così sulla fragilità di fondo del secondo governo Conte, hanno ripreso a soffiare i venti tempestosi del Covid. Che fretta c’era, maledetto autunno. Stretti fra l’uscio di un sistema economico (ancor prima che sociale) da salvaguardare, e il muro della pandemia, Conte e i suoi ministri hanno dovuto imboccare il tortuoso sentiero dei decreti restrittivi ma non troppo. Avanti con giudizio, adelante con juicio come scriveva Alessandro Manzoni.
Ma questa volta l’oste con cui bisogna fare i conti è un paese arrabbiato perché, alla fine della fiera, nemmeno il virus è riuscito a scalfire un sistema dove troppe e troppo forti sono le disuguaglianze. E la risposta non può certo arrivare da un’opposizione di destra, che alla prova dei fatti è incapace di proporre qualcosa di diverso. Ben lo sa l’Europa che subito dopo l’ultimo decreto della discordia si è precipitata ad assicurare aiuti miliardari all’Italia.