Nostra intervista al Presidente del Parlamento Europeo
Dottor Sassoli, potrei anche dirti collega Sassoli, dal suo punto di osservazione di presidente dell’Europarlamento, lei ha il polso della situazione economica e sociale nell’Unione europea in questo anno pandemico. Superare la crisi è un obbiettivo imprescindibile. In questo contesto, la sua intervista a Repubblica con l’ipotesi di una cancellazione del debito per le spese straordinarie fatte a causa del virus ha suscitato, come facilmente immaginabile, grande interesse, e tutta una serie di prese di posizione. Da giornalista a giornalista, in un mondo dell’informazione dominato (ahinoi) dai social, dove ci si limita a leggere titoli e occhielli, quel “Sassoli: abolire il debito”, è stata o no una forzatura?
Non commento i titoli dei giornali. Ad una domanda, ho semplicemente detto che era un’ipotesi interessante. E mi sembra persino ovvio che dovrà esserci una riflessione. Il debito per le spese da Covid è il tema di attualità dei prossimi anni. Non è scandaloso parlarne. Ricordiamo il dibattito sugli eurobond? E poi i Coronabond? Non possiamo accantonare quello che è un problema globale. Sarebbe bello che la comunità scientifica ci aiutasse ad affrontare la stagione più difficile che abbiamo di fronte.
Nel dibattito che si è subito creato, la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, non ha fatto mistero della sue perplessità per non dire contrarietà. Al tempo stesso, un economista come Luigi Pandolfi, sul manifesto, ha evidenziato come sia tecnicamente possibile una sostanziale cancellazione del debito, perché Bankitalia e la Bce, di fatto, non possono fallire. Mentre la scuola degli economisti cosiddetti eterodossi, puntualizzando che la crescita di domani non ripagherà i debiti di oggi, osserva che la sua ipotesi è indice di dove sia giunta la crisi. E di come le consuete risposte mainstream comincino a risultare poco credibili anche in settori insospettabili. Cosa ci risponde?
Ogni contributo è utile. L’importante, come dicevo prima, è che tutti siano consapevoli dei tempi molto difficili a cui stiamo andando incontro. Ci servono risposte straordinarie. L’Unione Europea è un buon esempio per tutti: si è discusso per anni del Patto di Stabilità. Sembrava un Tempio intoccabile. Eppure, di fronte all’emergenza, le Istituzioni europee ci hanno messo una settimana a sospenderlo. Per non parlare dei 750 miliardi di euro del Next Generation EU che l’Europa è pronta a distribuire agli stati membri per rispondere alla crisi. Abbiamo bisogno, oggi più che mai, di coraggio e innovazione. Da parte di tutti.
Non desta certo sorpresa che la sua intervista abbia subito interessato le organizzazioni sindacali, alle prese con una profonda sofferenza del mondo del lavoro. Non solo a causa della pandemia, quanto di un sistema che negli ultimi trent’anni almeno ha privilegiato il capitale al lavoro. Non crede che abbiano ragione loro?
Vorrei fare una premessa: dobbiamo essere consapevoli che il mondo che verrà dopo la pandemia non potrà essere lo stesso di prima. E’ vero, un trentennio di neoliberismo ha creato disuguaglianze insopportabili. Milioni di persone, in Italia ed in Europa, sono scese sotto la soglia di povertà. Sono i nostri amici, i nostri conoscenti. C’è bisogno di essere vicini a chi soffre e molto concretamente. Non possiamo affidarci solo alla crescita come unico parametro di misura delle nostre economie. Dobbiamo cominciare a perseguire una nuova idea di benessere, basata sulla sostenibilità sociale, che non deve e non può lasciare indietro nessuno, e su quella ecologica, che ponga fine allo sfruttamento selvaggio delle risorse limitate del nostro pianeta.