Non è un idraulico come Super Mario, iconico videogioco che da trentacinque anni fa parte del nostro immaginario collettivo. Mario Draghi è un economista e soprattutto un banchiere, con un cursus honorum che l’ha portato a guidare per cinque anni la Banca d’Italia e per altri otto la Banca centrale europea.
Sergio Mattarella ha pensato a lui, forse immaginandolo come il mister Wolf di Pulp Fiction, l’uomo che risolve i problemi, o forse perché non aveva altre carte da giocare, di fronte alla crisi del Conte bis. Il professore di diritto civile - si era autonominato ‘avvocato del popolo’ - è stato prima il garante di un governo sovranista M5S-Lega, poi di un esecutivo di centrosinistra M5S-Pd-Leu-Iv.
Questa ultima piccola ma determinate forza politica, guidata con mano sicura da un Matteo Renzi da sempre allergico al rosso in tutte le sue sfumature, ha staccato la spina al governo. Dal suo punto di vista, il senatore di Scandicci ha raggiunto tutti gli obiettivi che si era prefisso.
Nell’ordine: spaccare il Movimento cinque stelle, mettere in crisi il Pd e la sua attuale segreteria, liberarsi dell’ingombrante, troppo popolare inquilino di palazzo Chigi. Ora il popolo è arrabbiato con Renzi? Forse, ma non ce l’hanno certo con Renzi le molteplici forze che fin dall’estate scorsa guardavano a Mario Draghi come a un salvatore della patria. Un Godot che ora è arrivato, in grado di smentire la vulgata di un’Italia un po’ cialtrona al cospetto delle grandi democrazie europee, Francia e Germania in primis. Trovato l’allenatore c’è da fare la squadra, e c’è da capire soprattutto come reagiranno le forze politiche in Parlamento. Spettatrici per altro di una partita che a questo punto sfugge al loro controllo.
Ora è arrivato il 2021, l’anno del Dragone. E di una pandemia che è ben lontana dall’essere neutralizzata. Con tutto il suo carico di sofferenze umane, sociali ed economiche.