Le conclusioni di Federico Antonelli
E’ un giorno emozionante quello odierno, credo lo sia per tutti noi. Le parole che Andrea ci ha detto in apertura di riunione investono il nostro collettivo di un peso e di una responsabilità nuova, che sapevamo sarebbe arrivata, ma che non per questo sarà più semplice da metabolizzare. Ma su questo tornerò alla fine di questo mio intervento.
Montagni nella sua relazione introduttiva ha fatto riferimento all’elezione di Biden.
Questa elezione è frutto della capacità di reazione della parte progressista della società americana. Ma questa elezione può anche rappresentare, tra le altre cose, un elemento rischioso per la politica europea e italiana. Con la sconfitta di Trump, il principale rappresentante delle politiche sovraniste mondiali, cade anche uno scudo importante sulle forze come la “Lega” e “Fratelli d’Italia” che a lui facevano riferimento. Non so se la conversione di Salvini all’europeismo di questi giorni (se vera svolta può essere definita) senza la sconfitta di Trump sarebbe stata altrettanto convinta. Non so se sarebbe bastata la nomina di Draghi a Presidente del Consiglio per convincere Salvini se Trump, e il suo modo di ragionare politicamente, non avessero perso. Questo cosa mi fa temere che l’ampio fronte, che oggi si sta saldando attorno al futuro presidente del consiglio, si rafforzerà soprattutto nella sua componente di destra, proponendosi come una coalizione politica affidabile, e apparentemente moderata, che potrà convincere non solo le ali estreme della destra italiana ma anche tutta quella base sociale ed elettorale della destra moderata.
La concezione elitaria della politica non ci appartiene
Questo elemento mi porta a riflettere sul governo che Draghi andrà a definire: una cosa, al di la di ribadire le preoccupazioni che sono state espresse durante il nostro dibattito, mi turba in maniera profonda: la retorica del governo dei migliori, la rivincita della competenza contro la cialtroneria (termine non utilizzato ma sottinteso) dell’uno vale uno. Non è sia chiaro la mia una difesa d’ufficio del movimento 5stelle, ma il rifiuto di una idea classista della politica che sa tanto di reazione, di rivincita dell’aristocrazia messa in crisi e che finalmente, nella sua idea, può ritornare al comando del timone, senza questi “straccioni, idraulici o bibitari”, che si vogliono proporre come politici. Ieri nel corso di una riunione che ho fatto con Andrea, il passaggio di consegne sulla responsabilità di coordinamento di una grande azienda, nel presentarmi non ho detto che la mia esperienza lavorativa nasce come cassiere del supermercato; che la mia esperienza sindacale nasce come delegato s’azienda; che la mia militanza come dipendente mi ha portato oggi ad essere un funzionario della CGIL, in una crescita personale, politica e umana che nasce da quei giorni in azienda. Ebbene Andrea mi ha sgridato, perché lo ha dovuto dire lui, parlando di me. Ed era giusto dirlo perché la politica, il sindacato, il ruolo di dirigente non possono essere frutto di una visione classista e aristocratica della società. Se è giusto dire che non siamo tutti uguali, e se pure non è vero che le parole di ognuno di noi pesano nella stessa maniera (sarebbe falso e ipocrita affermare una cosa simile) è orrendo pensare che non tutti possano far pesare la propria parola, il proprio pensiero, se questo peso è il risultato, dello studio e dell’impegno che può superare ogni limite sociale. Insomma in questo dibattito, oltre ai temi del lavoro, dell’economia, della politica sanitaria e della gestione della scuola, io vedo la reazione sociale che tutto ammanta e senza dirlo tutto condiziona.
Un’altra cosa trovo fonte di enorme preoccupazione: nell’ampia coalizione che si propone di appoggiare il governo Draghi la sinistra sembra una nota debole e afasica. Poche riflessioni, la voce che non si alza in modo importante su quali scelte per il lavoro e per i lavoratori. Sembra che si abbia il timore di apparire deboli di fronte a un uomo che riceve solo approvazione. In quella idea classista di cui parlavo prima, c’è anche il disprezzo per il popolo che vota Lega, e la preoccupazione di non assecondare quel popolo sembra la sola vera linea guida delle forze di centrosinistra o anche, a volte, di sinistra. Invece con quel popolo bisogna tornare a parlare altrimenti verrà consegnato definitivamente alla destra.
Invece con quel popolo, che non sa esprimere in maniera compiuta le proprie necessità e aspirazioni e alla fine, inascoltato, reagisce con rabbia consegnandosi alla destra e accettando la scorciatoia del conflitto con il migrante come causa dei propri guai, bisogna parlare. Se non ci riusciamo allora la sinistra morirà del tutto e noi, che militiamo nella sola organizzazione di massa di sinistra del nostro paese, ci troveremo limitati, senza più sponda né rappresentanza nelle istituzioni. Isolati in un momento in cui il bisogno della rappresentanza degli interessi delle persone e di chi lavora sono ancora più forti che mai.
Abbiamo affrontato una prova difficile, ma ci attende il peggio
Nei prossimi mesi infatti dovremo affrontare una stagione delicatissima: se possibile più complessa di quella appena passata. Ricordo i primi mesi di coprifuoco totale: in quelle settimane ancora non erano stati stanziati i fondi per gli ammortizzatori sociali in deroga e nei nostri settori si viveva un’attesa febbrile e per certi versi angosciata. Era chiaro che i provvedimenti sarebbero arrivati, ma non sapevamo come e con quale forma. Abbiamo dovuto fare fronte a una situazione esplosiva che poi si è calmata, relativamente, nel momento in cui è stato definito il blocco dei licenziamenti, è stata finanziata la cassa in deroga e gli altri ammortizzatori come il Fondo di interazione salariale. Cosa succederà se il governo dovesse cedere alle sirene della Confindustria e avviare una modifica normativa che riapra ai licenziamenti. Cosa succederà se gli ammortizzatori sociali non verranno finanziati nuovamente? I nostri settori, quelli della nostra categoria sono tra i più esposti: il commercio, il turismo. I servizi che spesso sono ridotti al minimo se non azzerati dalle conseguenze dello smart working e lo spopolamento dei condomini produttivi e dei centri storici. Quali conseguenze ricadranno su chi è occupato in questi settori? E’ indispensabile che questi temi, che stanno certamente alla nostra categoria ma anche a tutto il mondo del lavoro, siano patrimonio di una discussione che non può vedere il solo sindacato protagonista. Nella mancanza di riferimenti politici forti e autorevoli sta anche una parte della nostra crisi. Io non voglio tacere che i nostri numeri non sono sufficienti: ci siamo, siamo autorevoli, seri e riconosciuti. I compagni, delegati di azienda e strutture sindacali, ci apprezzano e vedono in noi un riferimento certo a cui guardare. Ma poi al momento delle scelte questa stima, questa vicinanza, non si concretizza. La nostra idea di sindacato non la ritengo egemone nell’organizzazione, ma molto più forte di come la possiamo “contare” oggi. Ebbene credo che una sfida che dovremo saper cogliere è quella di ridare fiato a questa nostra presenza. In questo, riferimenti politici e culturali e umani di dirigenti come Giacinto sono fondamentali, ma siamo noi con il nostro operato che dobbiamo credere nella nostra capacità organizzativa.
La sinistra sindacale in FILCAMS-CGIL
E a proposito di organizzazione con l’uscita di Montagni dobbiamo anche impegnarci per mantenere una struttura organizzata efficace, forte e coesa. Io per primo so che dovrò mettere ogni energia in questo impegno, ma so che sapremo farlo assieme, con l’aiuto di tutti quanti voi. Perché noi siamo un collettivo e come tale continueremo ad agire e muoverci e voi saprete accompagnare la mia indispensabile crescita, perché se nessuno nasce adulto, deve essere sempre pronto a imparare e acquisire esperienza e conoscenza del ruolo per proporsi in maniera seria. I primi passi intanto li stiamo affrontando e nel dialogo con la categoria abbiamo discusso della sostituzione di Andrea come presidente del comitato direttivo nazionale e alla sua sostituzione nella presidenza dell’assemblea generale. Ad oggi, registriamo gli importanti affidamenti sul mio ingresso nel comitato direttivo nazionale e la successiva nomina a presidente del direttivo e la disponibilità di mantenere anche la presidenza dell’assemblea generale, affidata a una donna, che noi avremmo individuato, se lei è disponibile e voi ritenete la scelta corretta, in Claudia Nigro. Tra gli affidamenti anche le risorse per continuare a sostenere le nostre iniziative compresa la pubblicazione del nostro giornale “Reds”. Ho anche chiesto ad Andrea di continuare ad aiutarmi e mantenere la direzione del giornale, il suo un aiuto fondamentale che continuerà ad accompagnarci nel percorso che dovrà essere nostro, ma con lui al fianco in questo importante ruolo. Questo dovrebbe, anzi deve, stimolare la nostra voglia di scrivere e rendere vivo “Reds”, strumento di dibattito indispensabile: letto ed osservato anche per la sua incredibile e ammirevole longevità e costanza. In questo quadro di rapporti positivi purtroppo è accaduto l’episodio di questi giorni relativo all’iniziativa sugli appalti di cui ha parlato Andrea nella sua relazione. Aggiungo solo una cosa: ho chiesto un incontro alla segretaria generale per chiarire l’accaduto e far presente che di fronte alla nostra correttezza e linearità di rapporti con la segreteria ci saremmo aspettati e pretenderemo in futuro altrettanta linearità e correttezza di rapporti: in ogni caso non rinunciamo e troveremo una nuova data per il nostro convegno.
Il rinnovamento come contaminazione, coinvolgimento e condivisione
Una ultima cosa prima di andare verso la conclusione del mio intervento la voglio dedicare a una proposta di cui ho parlato stamane con Claudia Nigro e che lei ha accolto: vorremmo organizzare una iniziativa in ricordo di Amedeo Montagna in occasione della ricorrenza della sua scomparsa. Una ricorrenza che riporta alla memoria tutti i compagni che ci hanno lasciato negli anni scorsi: mi perdonerete se oltre ad Amedeo ne ricordo uno che io porterò per sempre con me come un maestro, pur avendoci lavorato poco assieme, che è Bruno Rastelli. Uomini così sono le nostre radici e senza radici nessuna pianta può crescere rigogliosa.
Fatemi concludere parlando di Andrea Montagni e di questi due anni assieme a lui. Andrea per me è stato un compagno, un amico e un maestro. Mi ha condotto nel prendere confidenza con la struttura nazionale, mi ha offerto la sua esperienza e ha condiviso con me ogni passaggio della vita della nostra organizzazione. Andrea è un compagno che conosce il valore del rinnovamento, inteso non come freddo e banale percorso di sostituzione, ma come contaminazione, coinvolgimento e condivisione. Il futuro è sempre al centro del suo pensiero, la sua è una elaborazione politica e culturale di altissimo profilo, che è un patrimonio per tutta la nostra CGIL e non soltanto per la nostra area.