Draghi non è il messia. Anzi - di Giacinto Botti

La Cgil giudica i governi per le politiche che attuano, Sarà così per Draghi.

Questo governo di “unità nazionale”, lo confermiamo, non ci rappresenta. Entrano a pieno titolo gli interessi degli imprenditori del nord e il cambiamento da noi indicato è ancora più difficile da conquistare.

Il discorso programmatico di Draghi ha confermato il senso dell’operazione politica: blindare, nell’interesse delle imprese e del vero direttorio europeo (Germania e Francia), l’utilizzo dei fondi del Next Generation Eu, in larga parte prestiti, seppur mutualizzati a livello dell’Unione. Draghi non è il messia, forse è il capo dei mercanti nel tempio.

La composizione del governo mantiene nelle mani di “tecnici” del mondo finanziario e industriale i ministeri-chiave per l’attuazione del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” e rafforza forse il peso e il ruolo di Forza Italia e della Lega.
Ancora una volta viene negata la pari rappresentanza di genere nella compagine ministeriale. Brunetta alla Pubblica amministrazione, Giorgetti e Garavaglia nei ministeri che orientano le attività economiche, la Gelmini a spalleggiare l’autonomia differenziata: segnali assai chiari contro il lavoro, la salute, l’ambiente. Nel discorso programmatico, insieme a tante cose scontate, risalta quel che manca: il lavoro, i diritti, le donne e il Mezzogiorno.

Abbiamo il Piano del Lavoro e la Carta universale dei Diritti. La Cgil sia protagonista, con le sue elaborazioni strategiche, le scelte del congresso e le sue piattaforme, a partire dal ripristino dell’articolo 18, il superamento della legge Fornero e la patrimoniale come base per una riforma generale del fisco.

Non servono patti consociativi, o “fra produttori”. Apriamoci al confronto con la nostra gente per sostenere i nostri obiettivi.
Lo scontro è sempre tra capitale e lavoro.