Alle 22 le automobili dei tanti italiani vogliosi di riassaporare il gusto di una cena al ristorante, si trasformano in zucche. Altro che la romantica fiaba di Cenerentola, questo sarebbe un dramma sociale in piena regola. Con le multe che fioccano per la violazione del coprifuoco, e la cena tanto agognata che resta sullo stomaco, dopo mesi di tribolazioni pandemiche. La politica italiana non smette di essere molto pittoresca, a tal punto che dopo l’approvazione a larghissima maggioranza del poderoso ricovery plan, il nuovo piano marshall con il quale Mario Draghi sta disegnando il futuro del paese, si riprende a litigare sull’orario di chiusura dei ristoranti. Quasi fosse una questione capitale, da cui dipendono le sorti future e progressive del belpaese. Tutto a un tratto i drammi degli ospedali ancora pieni di pazienti Covid diventano un fatto marginale, gli allarmi e gli inviti alla cautela di medici, epidemiologi e virologi fastidiosi rumori di sottofondo. E tutto perché una destra teoricamente divisa - Forza Italia e Lega in maggioranza, Fratelli d’Italia all’opposizione - si ricompatta magicamente ogni volta che c’è da discutere qualche provvedimento in odor di populismo. A dimostrazione che si può anche avere il governo dei migliori, come enfaticamente è stato etichettato l’esecutivo Draghi, ma senza un pur minimo senso comune delle proporzioni si va poco lontano. Dai banchi del governo e da quelli delle forze che sostenevano il Conte bis si sono affannati a spiegare che si tratta di aspettare un paio di settimane, al massimo tre, per veder quale sarà l’andamento della curva pandemica. Se la temperatura corporea del paese salirà o meno dopo le riaperture generalizzate di questi ultimi giorni di aprile. Ma non c’è niente da fare, quando Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia si mettono in testa la strana idea di voler decider loro cosa va bene o non va bene agli italiani, diventa invariabilmente complicato farli recedere dalle loro posizioni. Così, dopo che Lega e Forza Italia non hanno votato l’ordine del giorno di Giorgia Meloni sull’orario di apertura dei ristoranti, respinto con i voti di Pd, Cinque stelle e Leu, nel giro di ventiquattr’ore è finito politicamente sul banco degli imputati lo stesso ministro della salute, Roberto Speranza. Colpevole, agli occhi di una destra di lotta e di governo, di essere stato troppo prudente di fronte a una pandemia che, per la cronaca, continua a fare trecento morti il giorno. Non c’è dubbio, abbiamo di fronte un governo di larghe vedute, talmente ampie da avere al suo interno tutto e il contrario di tutto: i diletti figli del dio Po e i post comunisti di Leu, i D’Alema e i Bersani che sono ancora visti come il male assoluto da Silvio Berlusconi & c, fino a quel Pd che, con felice metafora, il neo segretario Enrico Letta ha definito “la sinistra del centro”. Intendendo con il centro il Movimento cinque stelle, passato nel giro di pochi anni da grimaldello per aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, a responsabile forza di governo del paese. Grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione è tutto fuorché eccellente. E, nel trionfo degli acronimi, ora dovremmo imparare anche che il Pnrr è la declinazione italiana del progetto europeo di sostegno per i paesi fiaccati dalla pandemia. Nulla a che vedere con il pnr, passanger name record, letteralmente il registro dei nomi dei passeggeri, che prendono un treno, o un aereo.