Nei primi quattro mesi dell’anno, sono già più di 500 i migranti annegati nel Mediterraneo centrale, mentre cercavano di raggiungere le coste della Fortezza Europa. L’ultima strage è di pochi giorni fa, un naufragio avvenuto al largo di Tripoli, con almeno 130 morti. Alcune vittime sono state fotografate e riprese dalle telecamere dei media mentre galleggiavano in acqua, tante altre sono state date per disperse. “Abbiamo navigato in un mare di cadaveri”, ha raccontato Alessandro Porro, il presidente di Sos Mediterranée che si trova a bordo della Ocean Viking, la nave che insieme a tre mercantili ha disperatamente provato a soccorrere i migranti. Cosa che non ha fatto la cosiddetta Guardia costiera libica, sebbene allertata in tempo da Alarm Phone.
Non pervenute le autorità europee, italiane comprese. Silenzio assoluto dalle cancellerie. A puntare il dito contro l’Europa, che ancora una volta ha fatto finta di non vedere, è stata direttamente l’Onu: “Gli Stati sono rimasti inerti e si sono rifiutati di agire per salvare le vite di oltre cento persone”, ha denunciato la portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), Safa Msehli.
Nel mentre al Viminale la ministra Luciana Lamorgese riceveva la ministra degli esteri di Tripoli, Najitla el Mangoush, alla quale assicurava il sostegno italiano al nuovo corso libico. Un corso avviato dopo le sciagurate parole di ringraziamento di Mario Draghi alla Libia, per l’impegno delle sue milizie nel bloccare il flusso dell’immigrazione nel Mediterraneo, anche ricorrendo a campi di concentramento nei quali le violenze e i soprusi sono pratica quotidiana. Questa la realtà, umanamente e politicamente insopportabile, al pari della vergognosa, ipocrita indifferenza dell’Europa e delle nazioni che ne fanno parte. Compresa la nostra.