Un libro sulla generazione della guerra del Vietnam attraverso la testimonianza di un reduce
Mi è capitato tra le mani un libriccino. Incuriosito dal titolo, “restare in Vietnam: dalla parte del nemico”, l’ho acquistato e letto. Tutto d’un fiato. Un libretto agile, sono solo 126 pagine, scritto veramente bene. E’ una ristampa di una prima edizione del 2017.
Si tratta del resoconto in forma giornalistica di una lunga chiacchierata, immagino di fronte ad una bottiglia di whisky (ma forse era più banalmente Coca cola ghiacciata), tra l’autore, Luca Pollini, ed un reduce di guerra sposato con una vietnamita e residente a Da Nang (dove vive da anni occupandosi di sminamento).
Il marine, nato nel 1948, racconta la sua vita nella sonnolenta provincia americana di un paesino del Kansas nei mesi che precedono l’arruolamento, la scelta di partire e quel che accade dopo. Non posso dirvi, perché non l’ho capito, se il nome del marine (Marlin) sia di fantasia, così come il nome del paesino e degli altri che compaiono nel racconto: l’autore dice che il reduce ha deciso di parlare solo “se in qualche modo proteggeva la privacy”, ma la storia è assolutamente credibile.
Nonostante il nome che mi ha invogliato – e la biografia di Pollini è lì a testimoniarlo – non è un libro filovietnamita. E neppure un libro antiamericano. E’ un libro contro la guerra. E’ una testimonianza di una società e del modo di pensare di un ventenne nordamericano di classe media cresciuto nella provincia in una famiglia religiosa e patriottica negli anni della beat generation e della contestazione giovanile e poi di un soldato combattuto tra l’amor di patria, i valori appresi in famiglia e la realtà di una guerra crudele, i delitti efferati commessi (“Mi tormenta il ricordo dei sette vietcong che ho ucciso, tra cui un bambino di non più di sei anni che ho ucciso e che correva verso casa dopo un’esplosione”, dice un commilitone incontrato a guerra finita), il rientro in patria accolti dal disprezzo di un paese che sa quello che i suoi soldati hanno fatto in Indocina e si vergogna di loro; e infine il trauma, la depressione, i disturbi psichici del reduce che non riesce a convivere con i propri incubi e i propri rimorsi.
Ho detto che non è un libro filovietnamita e lo confermo. Qui i vietcong non sono eroi, sono il nemico, invisibile e incompreso, sono i civili vittime del napalm, dei rastrellamenti, delle uccisioni fate per “fare numero” per ricevere encomi, promozioni e licenze, contando i nemici uccisi procurati da ogni reparto.
Mentre leggevo è venuto in mente – a me, non a Pollini, non a Marlin il cui padre ex marine riservista non l’ha mai contata tutta sulla guerra di Corea – il nome di una delle offensive statunitensi di un’altra guerra, quella di Corea appunto: “uccidere! uccidere! uccidere!”.
Tuttavia, alla fine, Marlin dei vietnamiti si è innamorato. Non dei combattenti e non solo della donna che poi ha sposato, ma di un popolo capace di guardare al futuro, di accogliere gli ex nemici, di chiudere e voltare pagina. “Un popolo buono, ma non stupido”.
Ultime note. Il libro di Pollini certamente è di facile approccio per quelli che hanno più o meno l’età di Marlin o giù di lì, che hanno partecipato alle marce e alle veglie per il Vietnam. Negli anni di quella guerra non c’era giorno senza che sui giornali e in tv non ci fosse qualcosa in proposito. Seguivamo sulle cartine pubblicate da l’Unità e da Nuova unità le offensive e gli attacchi dei vietcong. Avevamo in casa un poster 70x100 con un teschio che sovrastava la bandiera a stelle e strisce e la scritta: “hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace”. Ma siccome è un libro sulla condizione umana si può leggere a prescindere e l’autore – da buon giornalista – l’essenziale del contesto lo ricostruisce o lo lascia dedurre al lettore.
Chiudo con una citazione di Bob Dylan che traggo dal libro: “C’è una battaglia fuori che sta infuriando / Presto scuoterà le vostre finestre e farà tremare i vostri muri / Perché i tempi stanno cambiando”.
[Luca Pollini, “Restare in Vietnam: Dalla parte del nemico, Roma, Elemento 115, 2020, 127 pp., euro 10]