[Valentina Ruffino, commessa di Coop Sicilia, è stata delegata sindacale dal 2013 al 2017.In segreteria della Filcams di Catania dal 2013 al 2016, componente del Comitato Direttivo della Camera del Lavoro di Catania dal 2014 al 2017, componente dei Direttivi Filcams provinciale e regionale dal 2013 al 2016. Nel 2017 ha deciso, rimanendo iscritta alla CGIL, di privilegiare l’impegno politico. Oggi è attiva nella promozione di Sinistra italiana in quel di Catania.
Ho conosciuto Valentina Ruffino quando la FILCAMS-CGIL nazionale mi inviò a Catania a dare una mano. A Catania ho avuto l’opportunità, insieme ai compagni e alle compagne della FILCAMS-CGIL e della Camera del Lavoro, di riassaporare il gusto della partecipazione diretta ad una vertenza e ad una lotta. Ricordo come fosse oggi, il picchetto, lo sciopero, la spazzolota del corteo interno del centro commerciale coop con l’adesione massiccia di una generazione di giovani lavoratori e lavoratrici. Ho chiesto a Valentina di rendere pubblico questo suo ricordo del 2016 perché lo trovo toccante, ma anche istruttivo. Il titolo è redazionale. AM]
Io mi ricordo di te Angelo,
grazie alla tua esperienza al mercato del pesce di Catania eri diventato il più bravo venditore degli ipermercati della Sicilia. I clienti venivano da noi anche perché trovavano te al nostro banco del pesce, con la battuta sempre pronta e tante buone ricette per cucinare orate, totani e calamari.
Erano gli anni in cui tutti festeggiavamo l’arrivo della grande Cooperativa in Sicilia e vedevamo concretizzarsi la possibilità di un lavoro stabile e duraturo, di un lavoro che ci avrebbe finalmente dato l’opportunità di rateizzare l’acquisto di una casa o di una macchina.
A te sembrava un peccato mortale buttare tutto quel pesce invenduto anche perché, da bravo pescatore quale eri, sapevi che sarebbe stato possibile utilizzare parte di quel pesce come esca per prenderne altri.
Così un giorno, contravvenendo al regolamento aziendale, hai preso una bustina, ci hai messo dentro venti gamberetti destinati al macero e te la sei messa in tasca proprio perché subito dopo il tuo turno lavorativo avevi in mente di andare a pescare.
Dopo essere stato licenziato in tronco, le tue parole di saluto all’azienda sono state: “mi avete tolto il lavoro ‘ppi n’poch i pisci fitusu”. È stato il tuo modo per dire che se quel pesce non fosse stato destinato al macero, tu non avresti neanche pensato di toccarlo.
Hai aperto una bellissima pescheria, mi dicono le colleghe che sono venute a trovarti per congratularsi con te per il tuo nuovo inizio.
Poi, in iper, è arrivata la notizia.
Ti hanno trovato morto ammazzato dentro la tromba dell’ascensore del palazzo in cui vive tua madre. Se ne sono accorti, hanno scritto i giornali, dall’odore del tuo corpo privo di vita da diversi giorni.
Si vocifera che per aprire la tua casa del pesce, tu abbia chiesto dei soldi a quelli che ti hanno ammazzato perché non glieli hai restituiti con gli interessi. Così è la mafia: dà e poi toglie ma sempre con gli interessi, in questo caso, Angelo, tu gli interessi li hai pagati con la vita.
Ironia della sorte, pochi anni dopo la tua morte, il responsabile che tanto aveva caldeggiato il tuo licenziamento è stato trovato a rubare 50 euro di merce (di quella buona, non di quella destinata al macero) ed è stato anche lui licenziato, solo che lui subito dopo si è ricollocato come manager di un’altra nota catena. Questa è la differenza tra chi nasce nella parte “buona” città e chi nasce e cresce nei quartieri abbandonati dalle amministrazioni, nei quartieri di cui la politica si ricorda solo in tempi di elezioni, quando il voto di una famiglia vale una busta della spesa con dentro quattro pacchi di pasta e due passate di pomodoro.
A distanza di tanti anni, Angelo, mi chiedo ancora chi ti abbia ucciso. Perché la mano insanguinata è stata sicuramente quella della mafia. Le mani invisibili, invece, sono quelle di un’azienda che non è riuscita a valutare la risorsa che eri per darti un’altra opportunità e sono quelle di uno Stato che non riesce a garantire il diritto al lavoro e alla dignità sancito dalla nostra Costituzione.
Ciao Angelo. Meritavi davvero quella seconda opportunità.