Anche la penultima settimana di luglio è stata segnata dall’ennesima strage di migranti al largo delle coste libiche. Almeno 57 persone sono annegate nel naufragio di un barcone che aveva preso il mare a un centinaio di chilometri ad est di Tripoli. Donne e uomini che vanno ad aggiungersi ad una già lunghissima lista di morte in questo 2021: quasi 1.200 vittime accertate nel Mediterraneo, e fra queste 920 (il 75%) hanno perso la vita lungo la rotta centrale. Quella “controllata”, in teoria, dalla Guardia costiera libica.
In questo tragico quadro, la scelta dello Stato italiano di insistere sulla strada del finanziamento alla “missione bilaterale” in Libia, e quindi di proseguire con la linea del sostegno alla Guardia costiera libica, è tanto dettata dalla cosiddetta ‘realpolitik’ quanto profondamente inumana. Perché le attività della Guardia costiera, organizzazione all’interno della quale non mancano autentici criminali, sono parte integrante di un disegno complessivo che vede nei migranti un pericolo da evitare a ogni costo, almeno per i governanti della Fortezza Europa.
Così, anche in Italia, il governo “dei migliori” e quasi l’intero Parlamento non si fanno scrupolo nel prorogare periodicamente misure che, in altri contesti, sarebbero considerate lesive dei più elementari diritti umani. E, con tutta la buona volontà, non può essere giudicata una inversione di rotta l’assicurazione data dall’esecutivo di Mario Draghi di verificare se possano esistere, in futuro, le condizioni per mettere la parola fine a questa strategia d’azione.
Corrisponde sicuramente a verità il fatto che l’Italia è chiamata a svolgere un ruolo improprio, visto che la Ue sta andando avanti in quella, autentica, “politica dello struzzo” che si beffe perfino delle reiterate prese di posizione dell’Europarlamento. Richieste che parlano di una maggior cooperazione fra gli Stati membri; di una sperimentazione di vie d’accesso legali e di corridoi umanitari; di un uso differente, più adeguato alla realtà, di almeno una parte dei fondi destinati alla gestione dei confini; e di una missione di soccorso di matrice istituzionale, da affiancare a quella delle Ong.
Il problema è che la Commissione Ue, in perfetta linea con il Consiglio d’Europa, vero organo decisore delle politiche continentali, procede in direzione opposta. Con il risultato di perpetuare una situazione in cui va a pesare sulle spalle dell’Italia l’ormai quotidiana emergenza legata alla prima accoglienza di chi riesce ad approdare sulle coste europee, in primis appunto quelle del nostro Paese.
A tutto questo peraltro si accompagnano politiche di gestione dell’immigrazione, stavolta tutte italiane e monopolizzate dalla destra, che spesso e volentieri fanno vergognare. Ultima delle quali la decisione di alcune Prefetture di negare ai giornalisti la possibilità di entrare in visita nei Cpr, senza alcuna motivazione. Lasciando così nell’ombra le ulteriori violazioni dei diritti umani che lì spesso si perpetuano.