Una città in piazza, in pieno agosto, contro la chiusura di una fabbrica e il licenziamento di più di cinquecento persone, è una notizia. Così come è una notizia vedere il Partito democratico rispondere a muso duro, finalmente, al leader confindustriale Bonomi, autentico specialista nell’arte di fare solo gli interessi dei suoi affiliati.
“In due anni i governi Conte bis e Draghi hanno stanziato per le imprese 115 miliardi, fra aiuti diretti, sgravi fiscali e misure di settore. Cosa volete ancora?”. Parole sante, dette non da un pericoloso estremista, dal solito comunista fuori dal tempo, ma dal responsabile economico del Partito democratico, Antonio Misiani.
Ma non è il Pd di Enrico Letta che si sta spostando a sinistra. Il caldo soffocante di ferragosto non c’entra. E non è colpa neppure della pandemia, che pure sta modificando i rapporti sociali. È invece la voglia matta di Confindustria, naturalmente spalleggiata dalla trimurti di governo e di lotta Fratelli d’Italia - Lega - Forza Italia, di mettere la mano su più miliardi possibile del Recovery Fund, che nella declinazione italiana è diventato il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
Un assalto alla diligenza che sta trovando, come prevedibile, il ‘governo dei migliori’ nella più benevola delle ipotesi silenzioso (silenzio-assenso?), nella più realistica e peggiore favorevole all’ennesima ‘svolta di mercato’, vista come unica strada obbligata per ridisegnare il futuro del paese. Il tutto mentre si licenziano migliaia di operai da un capo all’altro della penisola, in modi tecnologicamente fantasiosi ma previsti dal jobs act, via whatsapp, mail, pec. A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina, ricordava il sette volte presidente del consiglio Giulio Andreotti.
E certo il silenzio di Mario Draghi & c. su un tema caldissimo come quello del lavoro non incoraggia buoni pensieri, anzi il contrario. Del resto è lo stesso ‘governo dei migliori’ che si ostina a non fare una legge che renda obbligatorie le vaccinazioni anti-Covid, aprendo un portone alle quotidiane baruffe fra sì- green pass e no - green pass. chiacchiere da bar che stanno insidiando la più meritoria discussione sul campionato di calcio appena iniziato. Un’arma di distrazione di massa che calamita l’attenzione di tv, radio e giornali, e che permette al governo Draghi, appunto, di andare avanti per la sua strada tecnocratica.
L’estate sta finendo, ma gli operai della Gkn non abbandonano la ‘loro’ fabbrica chiusa di punto in bianco da un fondo speculativo inglese, che vuole delocalizzare la produzione di assi e semiassi per automobili lì dove Stellantis - che è Fca-Fiat più Peugeot-Citroen - vuole trasferire buona parte delle sue produzioni di auto. È il mercato bellezza, con la benedizione di un’Unione europea che sembra costruita apposta per movimentare capitali e merci.
Ai danni del lavoro.