Le conclusioni di Andrea Montagni alla assemblea della sinistra sindacale della FILCAMS-CGIL di Padova
Buona giornata a tutti.
Prima di tutto voglio ringraziare Francesco per aver organizzato questa iniziativa di discussione e confronto. Saluto e ringrazio del contributo la compagna Marquidas, segretaria generale della FILCAMS-CGIL di Padova e tutte e tutti le compagne e compagni padovani per la presenza e per gli interventi. Un grazie anche ai compagni di altre realtà che si sono collegati.
La pandemia rende sempre più difficile le organizzazioni di confronto e la modalità in videoconferenza ci fa mancare il calore, la fisicità del rapporto diretto, ma è l’unica modalità che oggi ci è consentita. Ognuno di voi, quando si reca al lavoro e mentre lavora, si espone ad un rischio. Purtroppo la stessa vita familiare e di relazione ci espone a rischi. Dunque è giusto, nel rispetto delle regole sanitarie minime, che ci rassegniamo provvisoriamente a questo modo di incontrarci!
Un passaggio difficile. Cresce la sfiducia nel futuro
Dal punto di vista sindacale, siamo ad un passaggio difficile. Abbiamo alle spalle anni nei quali l’attacco al lavoro è stato spietato, principiato con il decreto Sacconi e concluso con il job’s act di Renzi. Contro il job’s act abbiamo dato vita a grandi manifestazioni nazionali: portammo in piazza un milione di persone il 26 ottobre del 2014 e nel 2016 abbiamo completato la raccolta di oltre 3 milioni di firme per ripristinare l’articolo 18 e a sostegno della Carta dei Diritti universali del Lavoro: il referendum ci è stato scippato dalla Corte costituzionale, mentre un parlamento sordo alle richieste dei lavoratori non ha mai discusso la proposta di legge di iniziativa popolare. Sembra passato un secolo, perché le informazioni si bruciano e si dimenticano per la pressione mediatica.
Il nostro ultimo congresso, tanto quello di categoria con quella bella parola d’ordine che è diventata anche il marchio di tutta la proiezione mediatica della CGIL (“Collettiva”), quanto quello confederale, hanno riempito solo un anno fa di aspettative e di speranze milioni e milioni di lavoratori, specie quelli tra di noi costretti alle condizioni di lavoro e di vita più difficili perché con rapporti di lavoro “poveri”, discontinui, precari. A distanza di un anno, travolti da una crisi inaspettata, causata dalla pandemia, e precipitata sulla crisi preesistente, prodotta dalle scelte scellerate di stampo monetarista e liberista portate avanti dai governi di centrosinistra e di destra che si sono succeduti negli ultimi 20 anni, le aspettative sono andate deluse e la delusione sta rialimentando sfiducia sulla possibilità di un cambiamento reale delle condizioni di vita e di lavoro.
La domanda di giustizia resta inevasa, mentre cresce la preoccupazione per il presente e per il futuro.
All’orizzonte si addensano nubi scure che promettono cupamente licenziamenti, nuove povertà e una crisi ancora maggiore.
Servono scelte coraggiose e radicali
Sarebbe, è, il momento di scelte coraggiose! Ma la vicenda miserevole di queste ore che vede tutte le forze politiche scatenarsi contro la modesta proposta di chiedere un contributo dello 0,1% da chi ha un reddito annuo superiore ai 500.000 euro annui (1 miliardo delle vecchie lire!) per sostenere la spesa sanitaria e i provvedimenti per assicurare un minimo (cassa integrazioni, indennità, reddito di emergenza) a chi sia in difficoltà, la dice lunga su dove si vuole andare a parare. Confindustria detta la linea, spingendo per superare il blocco dei licenziamenti, per ottenere – come sempre! – sgravi fiscali e contributivi, opponendo resistenza al rinnovo dei contratti. Confcommercio, Confesercenti, la Cooperazione, come fossero l’intendenza, seguono…
L’unità che ci è indispensabile attenua la radicalità delle posizioni che ha deliberato solennemente il Congresso: si acconsentono posizioni che non rendono giustizia alla nostra linea, come nel caso della richiesta del MES o sulla detassazione degli aumenti, o il peso sempre più eccessivo del welfare contrattuale e aziendale, rispetto alla politica di aumenti salariali in busta paga e a quella di una riforma fiscale che rimoduli le aliquote, alzando la soglia di esenzione e abbassi la pressione sulle aliquote basse e medie e aumenti le detrazioni sul lavoro dipendente.
Mentre si avvicina la fine di quota 100, la lotta per una riforma previdenziale che renda flessibile l’uscita, abbassi l’età della pensione di vecchiaia, ripristini la pensione di anzianità e crei una pensione di garanzia per i lavoratori discontinui e le nuove generazioni, ha messo la sordina, mentre la difesa di quota 100 viene consegnata come una bandiera alla destra che così nasconde dietro un feticcio la propria politica che mira allo smantellamento del sistema previdenziale pubblico, sulla via della decontribuzione e della detassazione…
La nostra parte la facciamo! Ma non basta più.
Di grande importanza resta, e va valorizzato, quanto ottenuto ad inizio pandemia con la realizzazione del protocollo sicurezza e l’assunzione dello stesso nelle disposizioni di legge. Le violazioni che ne indeboliscono l’efficacia sono certo anche il prodotto dell’assenza di presenza sindacale in tantissime aziende, ma soprattutto della mancanza pressoché totale di controlli e di vigilanza da parte delle Aziende sanitarie, degli Ispettorati del lavoro.
La CGIL cerca con crescente difficoltà di tenere la barra, di dare voce al mondo del lavoro. Ci siamo caparbiamente dedicati alla tutela quotidiana dei lavoratori, con un lavoro faticosissimo per assicurare la cassa integrazione e i diritti a chi è sospeso dal lavoro, per conquistare qualcosa per chi non ha questi strumenti; portiamo avanti la trattativa per il rinnovo dei contratti. Nel quadro difficile in cui operiamo diamo vite ad iniziative di lotta, come lo sciopero del personale dei multiservizi della settimana passata, ma la nostra voce è sommersa. “Non facciamo notizia”. I lavoratori fanno notizia quando divengono, loro malgrado, strumento nelle mani di ristoratori, albergatori ecc. che li usano come strumento di pressione per le loro rivendicazioni. Registriamo anche qualche significativo successo come quello dei riders che stanno conquistando - mettendo insieme lotta, pressione sociale e politica, iniziativa giudiziaria - il riconoscimento del loro lavoro con i diritti ad esso legati (orari, malattia, ferie, riposi settimanali, salario), come il riconoscimento nella legge di bilancio, dopo anni di lotte, della contribuzione per le scodellatrici delle mense scolastiche; o il passaggio dalla precarietà dell’appalto all’assunzione a tempo indeterminato nella scuola di parte dei lavoratori degli appalti scolastici.
Questi ultimi successi ci devono incoraggiare. La nostra non è la fatica di Sisifo: la pietra che stiamo spingendo sulla montagna, quando arriveremo in vetta, precipiterà dalla parte opposta e non saremo costretti a ricominciare!
La sinistra sindacale in una CGIL unita e plurale
Proprio per questo oggi serve la sinistra sindacale in CGIL, non una piccola area organizzata che perpetua i riti di un passato a cui i più anziani tra noi appartengono, ma una vasta area di pensiero e azione critici con legami laschi, ma profondi, che tenga alti i valori della CGIL; che, forte di un’analisi della realtà dello scontro di classe e della fase, motivi gli attivisti sindacali, orienti gli iscritti e i lavoratori, torni a spiegare che non siamo tutti nella stessa barca; e che gli interessi dei padroni e dei lavoratori possono trovare un punto di mediazione, ma mai possono convergere, proprio come la pandemia sta dimostrando.
Il nostro messaggio alle iscritte e agli iscritti, alle delegate e ai delegati, ai gruppi dirigenti nel loro complesso, di categoria e confederali è chiaro: non servono patti sociali o scambi; serve una inversione nelle politiche economiche e sociali; serve mettere al centro il lavoro e le persone che lavorano, i loro diritti e la loro dignità. Anche mentre si lotta per la salute di tutte e tutti. Questa vostra riunione ci incoraggia su questa strada. Spero ci vedremo, con Francesco e chi vorrà, nella prossima riunione del coordinamento nazionale della sinistra sindacale della FILCAMS-CGIL che spero di convocare entro la fine dell’anno ed anche la partecipazione con una vostra delegazione, mi auguro numerosa, al seminario nazionale che organizzeremo d’intesa con la FILCAMS-CGIL nazionale entro primavera, sperando di farlo in presenza, così da costruire tra noi quel clima e quello spirito di comunità indispensabili per rafforzare le motivazioni di chi si vuole impegnare collettivamente.
La FILCAMS-CGIL era, è e sarà collettiva!
Grazie e buona giornata di nuovo. A presto.