Berlusconi ancora tu, non dovevamo vederci più? - di Frida Nacinovich

Quanta fretta ma dove corri, dove vai? L’attacco di una delle più celebri canzoni di Edoardo Bennato sembra fatto su misura per Silvio Berlusconi. Nonostante la clausura (dorata) in Costa Azzurra e poi in Sardegna, il Cavaliere ha affrontato e superato il Covid 19. Ringalluzzito, è tornato a Roma per dettare agli esterrefatti Salvini e Meloni la linea: se vogliamo continuare a fare la strada insieme il leader resto io, è evidente. Impareggiabile Berlusconi, che a 85 anni suonati, pur pieno di acciacchi, non demorde. Barcolla, ma non molla.

Il suo ultimo pensiero stupendo è il Quirinale, a due passi da quel palazzo Grazioli dove per vent’anni ha tessuto una trama fatta di alleanze e rotture, pronunciamenti - vi ricordate il discorso del predellino? - e ripiegamenti tattici. Lo avevano dato per finito nel 2011, quando le cene eleganti di Arcore, dette volgarmente bunga-bunga, gli avevano alienato parecchie simpatie, e la guerra degli spread lo aveva costretto ad abbandonare palazzo Chigi. Sbagliato.

La sua Forza Italia sostenne l’assai presunto governo di salute pubblica di Mario Monti. Così come, anni dopo, l’ottovolante della politica italiana ha portato il Cavaliere ad allearsi con Pd, Lega, Cinque stelle e Leu nella strana maggioranza che sostiene un altro governo di emergenza, quello di Mario Draghi. “Perché non io al Quirinale?”, si chiede Berlusconi, che del resto è abituato a spararle grosse. Vedi il tentativo di accreditarsi, ai tempi d’oro, come statista del calibro di De Gasperi.

Negli ovattati saloni che hanno visto protagonista negli ultimi sette anni un democristiano docg come Sergio Mattarella, trapela un pizzico di nervosismo. Nei piani dell’attuale capo dello Stato e del suo istituzionalissimo staff, il necessario passaggio del testimone vedeva ai blocchi di partenza Draghi in veste di Usain Bolt. Tutti lo sapevano, e quasi tutti erano pronti ad accettarlo.

Ma la chiamata dell’ex presidente della Bce a palazzo Chigi, voluta dallo stesso Mattarella, dopo l’ennesima piazzata politica di Matteo Renzi, ha cambiato un po’ le carte in tavola. Sia chiaro, le voci dei quirinalisti fanno sapere a mezza bocca che lo stesso Mattarella abbia stretto un patto con Draghi: oggi palazzo Chigi, domani al Colle. Ma non dir gatto se non l’hai nel sacco, e Berlusconi conosce a memoria vita e miracoli di Giovanni Trapattoni, che pure non è mai stato allenatore del suo Milan perché troppo intimamente bianconero, e per giunta fu regista di uno scudetto neroazzurro. Berlusconi è in campo, questo è certo. Al tempo stesso è difficile trovare un politico più divisivo (e discusso) di lui.

Va da sé che in questo bailamme chi si trova più a suo agio è Renzi, i sondaggi accreditano la sua Italy Alive al 3%, ma nell’attuale Parlamento conta ancora parecchio. Quanto Letta, Conte, Salvini e Meloni. E un presidente della Repubblica, si sa, deve essere eletto ad ampia maggioranza.