Dall’incontro del 16 novembre tra sindacato e governo è uscito molto fumo e poca sostanza: l’arrosto – totalmente indigesto - viene dalle riunioni del consiglio dei ministri e dai vertici di maggioranza: niente riforma delle pensioni, quota 102, tagliole al reddito di cittadinanza, nessuno beneficio fiscale per la maggioranza dei pensionati, niente o pochi spiccioli per la massa dei lavoratori dipendenti, niente contro la precarietà e per l’occupazione. Il “confronto” tra governo e sindacati è solo un guadagnar tempo, fino al momento del voto di fiducia parlamentare che imporrà al paese la legge di bilancio voluta dal padronato.
Siamo sindacalisti della Cgil e di sinistra, conosciamo il valore della mediazione, ma sappiamo intuire quando c’è puzza di bruciato. Non abbiamo bisogno di veri o falsi economisti per capire che la prospettiva teorica nella quale si colloca la legge di bilancio non ha come obiettivo il cambiamento ma la conservazione, la continuità neoliberista, la “modernizzazione” dell’attuale modello di sviluppo e di produzione, il mantenimento degli attuali rapporti di potere e di forza tra le classi, senza una vera redistribuzione della ricchezza se non attraverso l’elemosina, o l’utilizzo di un terzo settore sempre più alternativo al servizio pubblico.
Il tempo dei rinvii e delle illusioni dovrebbe essere finito per tutti. Non aver proclamato ancora lo sciopero generale, privilegiando l’unità sindacale rispetto alle necessità di risposta, si conferma un errore.
Non siamo tra quelli che comiziano nelle riunioni agitando frasi scarlatte; siamo consapevoli che il primo obiettivo oggi è rimotivare alla lotta le classi popolari e che lo sciopero generale non è di per sé salvifico, ma occorre operare un argine se vogliamo costruire le condizioni della controffensiva e del cambiamento.
Per questo la mobilitazione deve proseguire con ancora più forza e determinazione. Torniamo a confrontarci nei luoghi di lavoro, torniamo a riempire le piazze, proseguiamo la lotta!