Le due recenti sentenze del Consiglio di Stato hanno suonato la campanella dello stop per la “ricreazione” di chi da anni tirava a campare sul rinvio delle norme applicative della Direttiva Bolkestein.
Per oltre un decennio la politica di ogni colore si è spesa ai massimi livelli e con grande fantasia per evitare che la gestione delle spiagge italiane, per l’eccessiva quota affidata in gestione alle imprese balneari, fosse messa a bando con procedure aperte e trasparenti. Le sentenze sono molto chiare sul punto: non vi sono particolari ragioni per le quali i principi di libera concorrenza non debbano essere applicati al settore balneare.
Tra gli spauracchi più voga, anche recenti, per i quali sarebbe sconsigliabile evitare la libera concorrenza nel settore c’è quello dell’arrivo della criminalità organizzata a gestire le spiagge. Peccato che ciò che consente più facilmente l’infiltrazione e il radicamento delle mafie sono proprio le procedure opache (non a evidenza pubblica) e le compravendite di concessioni tra privati: lo status quo.
In fondo finora la gestione della spiaggia “bene comune” e degli interessi che vi ruotano attorno è stata di esclusivo appannaggio degli stessi imprenditori balneari, concessionari dello Stato. Un paradosso tutto italiano dove non è lo Stato attraverso le proprie articolazioni a dettare le regole ai concessionari demaniali; ma nei fatti il contrario facendo così prevalere interessi particolarissimi su quelli della collettività.
Dal 1° gennaio 2024, al contrario, gli interessi che devono essere messi al centro su questa partita di portata nazionale (circa 8.000 chilometri di coste) sono la salute pubblica, l’impatto sociale, la sicurezza dei lavoratori, la prevenzione dalle infiltrazioni della criminalità organizzata e la salvaguardia del patrimonio ambientale.
Nell’ambito del dibattito che si svilupperà attorno al dispositivo di Legge necessario ad avviare i bandi in tutti i comuni costieri d’Italia (le concessioni restano infatti di ambito comunale) sarà necessario trovare il giusto spazio per il tema del lavoro, in particolare per un servizio pubblico essenziale (così definito in Emilia – Romagna) come il salvataggio. E’ necessaria una normativa nazionale che definisca in maniera più precisa il profilo del lavoratore che si occupa del salvamento acquatico anche in rapporto al tema delle concessioni demaniali.
Nel quadro di un’offerta turistica balneare di qualità è necessario che siano individuate risorse affinché il salvataggio pubblico sul demanio non sia più affidato ad imprese stagionali che scaricano sul lavoro le esigenze di redditività tipiche del settore. I canoni demaniali dovranno essere adeguati e con essi anche per il sistema di riscossione. Mantenendo le risorse sui territori è possibile immaginare un processo di progressiva “internalizzazione” di lavoratori che a tutti gli effetti svolgono un servizio pubblico essenziale fondamentale per la salute e sicurezza di cittadini e turisti e preposto al salvataggio di vite umane.
Sul complesso di questi temi, in provincia di Rimini, si è costituito il Coordinamento del salvataggio pubblico e dei servizi di arenile.
Il coordinamento, di cui fanno parte il Coordinamento Nazionale Mare Libero, Libera Rimini, Legambiente Valmarecchia, Filcams CGIL Rimini, Spi CGIL Rimini, AUSER Rimini, Associazione Terra Blu, Federconsumatori Rimini, Unione Sindacale Italiana Rimini, Associazione Marinai di Salvataggio della Provincia di Rimini, si prefigge lo scopo di sviluppare un percorso partecipativo che focalizzi l’attenzione dell’opinione pubblica e delle Amministrazioni Comunali costiere sugli interessi collettivi che investono le spiagge e il mare in quanto “beni comuni”. Il coordinamento ritiene che la gestione beni comuni e il sistema d’interessi che impattano sul demanio pubblico degli arenili debbano essere motore di sviluppo per un’economia giusta sotto il profilo ambientale e sociale.
Un processo di coordinamento analogo non solo è auspicabile ma anche necessario a livello nazionale per sostenere insieme e con più forza le ragioni degli interessi generali su una partita, quella delle concessioni demaniali, che non è ancora conclusa.