Emilio scalzo libero! - di Marco Prina

Emilio Scalzo è un noto militante No Tav di 66 anni impegnato nella difesa dei diritti dei migranti nella valsusina rete No Border.

E’ stato arrestato il 15 settembre su ordine della Procura di Torino, a seguito di un mandato di arresto europeo richiesto dalle autorità francesi (il MAE è un’estradizione diretta inter-giudiziaria europea in vigore dal 2004 che evita i filtri politici ministeriali), tradotto alle Vallette di Torino, poi messo agli arresti domiciliari dopo nove giorni. A seguito di questa misura, il movimento No Border e quello No Tav hanno organizzato un presidio di solidarietà permanente che, data la sua visibilità, è diventato un elemento di fastidio e impedimento alla “traduzione in Francia” di Enzo (che non si è mai sottratto alle autorità), che ha portato la corte di Appello di Torino a riportarlo in carcere per poi estradarlo in Francia.

Ma quale reato viene contestato a Enzo?

Aver procurato un’accidentale frattura al braccio ad un gendarme francese il 15 maggio, durante un tafferuglio fra manifestanti e polizia in occasione di un presidio sul confine italo-francese contro i governi di Francia e Italia; paesi correi di una politica di gestione dei migranti che va dalle pratiche illegali di respingimento all’insufficiente accoglienza e alla persecuzione di chi la attua in assenza di un’azione più decisa degli stati dell’Unione.

Certamente per le autorità giudiziarie torinesi, da sempre poco tenere con il movimento No Tav e con i militanti dell’area “antagonista” torinese, Emilio ha troppi difetti per non evitare una delle tante restrizioni a cui sono soggetti frequentemente molti militanti del movimento (confino, arresto, domiciliari, interdizioni tipo DASPO). Ex boxer, attivista No Tav della prima ora, ha già dei precedenti legati, fra gli altri, alla sua militanza nell’occupazione franco-italiana della ex Casa Cantoniera ad Oulx, trasformata in hospice per migranti in transito verso la frontiera.

Oggi è l’attività del movimento No Border che, con Emilio, viene incriminata.

Un’attività capillare di sostegno, aiuto, accompagnamento dei migranti che vogliono passare il confine alpino, che affonda le sue radici culturali nella tradizione frontaliera valsusina di supporto ai fuggitivi politici, fin dai tempi delle persecuzioni religiose e del fascismo.

Quella di No Border è un’azione solidaristica attiva, iniziata nel 2017 con l’afflusso di numerosi migranti in fuga in Valle di Susa con la chiusura e i respingimenti da parte delle autorità francesi del confine di Ventimiglia.

A Claviere il passaggio non è semplice come in Liguria, specie per chi non conosce le montagne, provenendo da altri climi e regioni. Qui siamo ad oltre 1700 metri, con vie e sentieri impervi e difficili, spesso coperti da ghiaccio e neve, con camminate di almeno cinque ore che non si possono affrontare con le scarpe da tennis o a piedi nudi come è capitato di vedere agli inizi, in ambienti in cui è facile perdersi, morire di freddo o finendo divorati dagli animali selvatici. È ancora forte il ricordo del giovane Mamadou a cui amputarono i piedi finiti in cancrena per aver tentato di attraversare il Colle di Bardonecchia senza mezzi nel 2016.

Il movimento No Border ha quindi la finalità di sostenere i migranti con l’ospitalità, la preparazione e l’accompagnamento per chi fugge dalla miseria, dalla guerra e dalle persecuzioni da altri paesi, aiutandoli ad attraversare la frontiera francese. Si basa su un’ampia rete di solidarietà con numerose famiglie valsusine, i collettivi di compagni e le associazioni, arrivando a strutturare una solida collaborazione con le reti francesi della parte di Briancon, attraverso la community di Briser les Frontieres.

Sfrutta certamente la disponibilità di varie opzioni di ospitalità, ma la necessità di sopperire al sostegno alla frontiera l’ha spinto a promuovere delle occupazioni di edifici abbandonati vicino al confine, per allargare l’ospitalità dei migranti in transito in Alta Val di Susa. Alle occupazioni sono seguiti gli sgomberi. Segno che, unitamente all’azione della magistratura, per il Ministero degli interni l’azione dei No Border, come quella dei No Tav, è poco gradita all’alleato di oltre confine.

L’attività di reti come quella di No Border è di disturbo alla linea scelta dalla UE sull’immigrazione, figlia di un’antica prassi nata con l’Impero romano di mantenere il più lontano possibile dal cuore dell’Europa (Berlino, Parigi) le grandi spinte migratorie, foraggiando con miliardi di euro di “compensazione” gli stati alleati di confine (Turchia, Libia) e facendo lo stesso pure, con altre giustificazioni, per gli stati comunitari posti a ridosso del limes (Italia, Grecia, paesi balcanici, Ungheria, Spagna).

Le politiche di “accoglienza” limitata, se fuori controllo da questa linea, rischiano di essere un incentivo all’immigrazione e dunque un reato; un reato politico che ufficialmente non può comparire per non contraddire il carattere “umanitario” delle politiche europee, come ben dimostrato in Afghanistan, Siria e in Africa.

Un reato simile si può perseguire diversamente, inseguendo quelli minori, unendoli e puntando al massimo della pena, escludendo qualsiasi attenuante umanitaria o sociale.

Va dà sé che Lucano e Scalzo devono finire in galera, per reati umanitari, avendo magari pene più pesanti di chi organizza e promuove l’assalto alle sedi sindacali.