I miglioramenti che si ottengono nel rapporto con il Governo sono frutto dell’iniziativa sindacale e non il regalo di questo o quel partito
Dal 1° gennaio 2021, dopo anni di iniziative locali che hanno visto in piazza le lavoratrici degli appalti scolastici e centinaia di vertenze promosse dalla FILCAMS-CGIL in vari territori, finalmente è stata eliminata una discriminazione che riguardava l’accesso alla pensione di lavoratrici e lavoratori con contratti part time ciclici. In sostanza con la Finanziaria 2020, grazie ad una modifica legislativa da noi fortemente voluta, sono stati inclusi i periodi non lavorati per sospensione dell’attività nell’anzianità̀ contributiva utile per accedere al trattamento pensionistico per tutti i lavoratori con contratto part time ciclico. Il risultato ha consentito ad una parte di part time ciclici di recuperare settimane utili all’accesso alla pensione che prima erano loro negate nonostante le loro retribuzioni superassero i minimi contributivi INPS previsti per legge. Un risultato che è stato visto dalle lavoratrici nelle realtà dove la nostra organizzazione si è mossa per ottenerlo, come un frutto dell’azione del sindacato e non come un regalo del Governo.
Non sono stati però risolti tutti i problemi né delle lavoratrici degli appalti scolastici, né dei sempre più numerosi part time ciclici con orari ridotti. Infatti, la maggioranza di questi lavoratori è costretta, non per propria volontà, a periodi sospensione lavorativa nei quali essendo formalmente “occupata” non riceve l’indennità di disoccupazione. Per i mesi di non lavoro definiti dal contratto sottoscritto non ricevono alcun reddito contrariamente a quanto accade per gli altri lavoratori che hanno diritto alla NASPI quando sono in disoccupazione o alla cassaintegrazione (FIS) quando le loro aziende hanno cali produttivi. La mancanza di elementi di welfare abbatte ulteriormente il reddito annuale dei part time ciclici e di conseguenza non consente loro di raggiungere i minimi contributivi previsti dall’INPS. Stiamo parlando, nelle scuole per esempio, di lavoratrici e lavoratori i cui contratti prevedono orari minimi di 14 ore multiservizi e 15 ore turismo. Per loro, e non solo per loro, non è possibile arrivare a una retribuzione di 10.724 annui necessaria a vedersi accreditate 52 settimane per accesso alla pensione. Chi ha un reddito basso non solo andrà in pensione con assegno basso o inferiore al minimo. Per loro: “piove sul bagnato” non è solo un proverbio, ma una triste realtà.
Va ripresa con forza una lotta che metta al centro le condizioni di questi “lavoratori poveri” e che veda in prima persona queste lavoratrici e lavoratori lottare non solo nei momenti di crisi aziendale o durante i cambi appalto, ma per richiedere al Governo e al Parlamento di cambiare le normative che li penalizzano.
Nella finanziaria 2021 (art. 1 co. 971) c’è un primo intervento che istituisce un “Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto a part-time ciclico verticale», con una dotazione di 30 milioni di euro per gli anni 2022 e di 30 milioni per il 2023. Risorse finalizzate ad introdurre nell’ordinamento un sostegno economico in favore dei lavoratori titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale.
Proprio a partire dalla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori degli appalti scolastici particolarmente penalizzati in questi anni di pandemia è stato depositato in Parlamento un disegno di legge (n. 2253 presentato il 26/5/21) che prevede l’introduzione della Naspi per le lavoratrici e i lavoratori titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale, che preveda periodi di lavoro interamente non lavorati non superiori alle tredici settimane all’anno. Avendo promosso iniziative sul tema da quando avevo assunto l’incarico di segretario della FILCAMS-CGIL di Milano e della Lombardia nel 2008 a quando ho lasciato gli incarichi nel 2020, penso di poter affermare che la FILCAMS, in quanto categoria con il maggior numero di part time ciclici organizzati, e la CGIL tutta debbano cogliere occasione del fondo previsto per il 2022 e 2023 facendo proposte perché venga utilizzato nel modo migliore. La presenza di un Disegno di legge che ipotizza l’introduzione della Naspi ci dovrebbe spingere non solo ad interloquire con tutti quei parlamentari attenti ai problemi di questi lavoratori affinché si definiscano norme che diano una risposta ai problemi strutturali di questi lavoratori.
La distanza e la mancanza di comunicazione tra forze politiche e organizzazioni sindacali ha visto troppe il Parlamento, anche quando spinto dalle migliori intenzioni, fare norme che hanno peggiorato le condizioni dei lavoratori invece che migliorarle. È il sindacato che conosce i problemi quotidiani del mondo del lavoro che deve far proposte precise e su queste chiamare il parlamento a legiferare in materia. Tanto più le proposte del sindacato sono comprese e sostenute da iniziative di lotta dei lavoratori tanto più e possibile che si tramutino in atti concreti leggi che migliorino le condizioni di chi rappresentiamo. Perché ancora oggi, come diceva Nenni, “le idee camminano sulle gambe degli uomini”.
Con lo sciopero del 16 dicembre abbiamo evidenziato quello che è il malessere del mondo del lavoro e di tanti nel nostro Paese. Sappiamo però che non tutti coloro per i quali rivendicavamo attenzione hanno compreso le motivazioni dello sciopero, né tantomeno sono scesi in piazza con noi. In un mondo del lavoro frammentato e oggi poco solidale, si deve ripartire dalle condizioni specifiche dei singoli settori dei lavoratori mobilitandoci insieme a loro per migliorarne le loro condizioni. Deve divenire chiaro ai loro occhi che i miglioramenti che si ottengono nel rapporto con il Governo sono frutto dell’iniziativa sindacale e non il regalo di questo o quel partito.
Il modo migliore perché ciò avvenga è che gli stessi lavoratori vengano costantemente informati di quanto il sindacato propone e siano chiamati ad essere i protagonisti delle iniziative per raggiungere gli obbiettivi che ci proponiamo.