Donne e bambini il 90% dei rifugiati - di Riccardo Chiari

Quando inizia una guerra, da sempre a pagarne le spese peggiori sono i civili e le persone più vulnerabili, costrette alla fuga dal loro paese. Vale per l’invasione russa in Ucraina come per le tante infinite guerre, spesso dimenticate, che costituiscono l’attuale disordine planetario.

Al 31 marzo scorso erano più di 4 milioni i fuggiti dall’Ucraina. Il dato emerge da un rapporto dell’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni unite (Unhcr), e considerando che l’Ucraina prima dell’invasione aveva una popolazione di circa 44 milioni di persone, questo significa che circa una persona su 11 ha lasciato il paese in circa trenta giorni di guerra. Si è registrato tuttavia un rallentamento del flusso verso l’Europa: si è passati da 200mila a 40mila al giorno, e negli ultimi giorni si è assistito addirittura al fenomeno inverso, con il ritorno in patria di rifugiati che, evidentemente, non hanno trovato nei paesi di accoglienza condizioni di vita migliori di quanto sperassero.

Questo vale soprattutto per chi si è rifugiato nei paesi vicini (Moldavia, Romania, Slovacchia e Polonia), dove, nonostante la buona volontà delle autorità, i sistemi di accoglienza di nazioni spesso più povere dell’Ucraina non hanno potuto far fronte in modo efficace a un esodo così massiccio. Quando all’Ungheria, anch’essa confinante con l’Ucraina, le pulsioni xenofobe della popolazione e la dichiarata posizione filorussa del presidente Orban, rieletto trionfalmente domenica scorsa per la quarta volta, hanno frenato l’esodo verso il paese magiaro.

In Italia alla fine di marzo i rifugiati erano 75mila. Di questi, 5.600 sono stati inseriti nei sistemi d’accoglienza Cas (5.300 persone) e Sai (299), mentre gran parte delle famiglie in fuga dalla guerra hanno trovato rifugio presso parenti emigrati in precedenza. Le domande di protezione sono state finora solo 750, un dato che conferma la speranza degli ucraini, o meglio delle ucraine, di rientrare in patria dopo il termine delle ostilità.

A riprova, quasi il 90% di chi ha abbandonato l’Ucraina è rappresentato da donne e minori. E proprio questi ultimi sono uno degli aspetti più inediti di questa crisi. “Un flusso senza precedenti”, ha spiegato il vicepresidente della Commissione Ue Maros Sefcovic, dando conto dei tanti bambini che si accalcano alle frontiere.

In loro aiuto si sono attivate le ong italiane, con convogli di pace organizzati da un cartello imponente. Dietro “Stop the war – Facciamo la pace”, azione diretta nonviolenta che ha portato in zona di guerra i rappresentanti di decine di associazioni e realtà italiane, ci sono organizzazioni cristiane come la Focsiv, la Comunità Papa Giovanni XXIII e Pax Christi, la Pro civitate christiana di Assisi, i Comboniani, il Cipax, i Focolari e i Beati i costruttori di pace. Poi la Cgil e i coordinamenti laici come l’Associazione delle Ong italiane con Arcs, Arci, Un ponte per, Fairwatch, il Cospe di Firenze, Libera e il Gruppo Abele, e ancora gli ambientalisti di Extinction Rebellion e Legambiente. Non mancano infine realtà dell’accoglienza come Mediterranea, Arci Solidarietà e Mare aperto, media come Radio Popolare, Italia che Cambia e Comune info, e tanti altri ancora, compresa Emergency. Al momento, tra realtà organizzate e singoli si contano oltre 800 adesioni che vanno dal contributo economico, al mezzo, agli aiuti materiali fino alla presenza fisica.


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