Le ragioni della pace sono le più difficili da sostenere. La pace non è solo assenza di conflitto ma un’idea di convivenza che va costruita ogni giorno combattendo sfruttamento e iniquità. Va costruita con una comunicazione che non è narrazione parziale di fatti, ma analisi di processi che studiano il perché delle guerre e chiariscono che la guerra non è mai la soluzione, ma la “merda” in cui un problema diventa violenza assoluta e senza ragione. Ce lo ha insegnato Gino Strada: la guerra non risolve mai nulla.
Le ragioni della pace non sono quelle che negano il diritto alla difesa e alla resistenza, ma sono le ragioni di chi chiede che venga costruita una prospettiva diversa.
Mi chiedo quale prospettiva offra la distribuzione delle armi, che non limitano l’intensità del conflitto, ma lo possono solo peggiorare. Mi chiedo quale prospettiva offra aumentare le spese militari di paesi formalmente non in guerra. Mi chiedo quale prospettiva offra appoggiare una dialettica nazionalista che nulla ha a che vedere con il diritto alla difesa. Il nazionalismo quando vince una battaglia non ha esaurito il proprio compito, perché avrà bisogno di una nuova guerra con cui alimentarsi. Mi chiedo quale prospettiva pratica il nostro Occidente che in questi ultimi anni ha bombardato la Jugoslavia, l’Irak e l’Afghanistan, ed è coinvolto nella guerra in Siria, provocando centinaia di migliaia di morti in guerre in cui di umano e giusto non c’era nulla: a cominciare dalle motivazioni al conflitto.
Mi chiedo quale prospettiva si voglia praticare in un conflitto di cui si è fatto finta di ignorarne il corso per anni rimuovendo dal dibattito pubblico le ragioni che quel conflitto muoveva e che oggi è definitivamente esploso.
Dubbi che il movimento dei lavoratori deve sapere esprimere con forza perché nessun conflitto è mai inevitabile e la logica della pace si costruisce solo facendo proprie le ragioni contro la guerra. In pochi hanno il coraggio di dirlo: fra questi la nostra CGIL. Non lasciamola sola.