Il ricordo di Muhammad Ali, un simbolo forse suo malgrado
Muhammad Ali e, Cassius Clay: due vite in una, e una vita che lo ha reso due persone diverse. Cassius Clay nasce il 17 gennaio del 1942 a Luisville, Kentucky, nel centro degli Stati Uniti, una terra che non è sud, ma non è ancora nord. Muhammad Ali nasce il 6 marzo del 1964 quando Elijah Muhammad, sua guida politica e spirituale, leader della “Nazione dell’Islam”, annuncia che Cassius ha cambiato nome: “il nome Clay non ha alcun significato divino, fino a che sarà mio seguace lo chiamerò Muhammad Ali”.
Ali è conosciuto per le sue parole, “Cassius è un nome da schiavo. Io non l’ho scelto e non lo voglio”. “Amico io non ho mai avuto problemi con questi Vietcong…” quando risponde a un giornalista che gli chiede un parere sulla guerra in Vietnam. Ma sono i suoi avversari e i suoi amici che ne hanno segnato la storia.
A partire da Sonny Liston, il primo grande pugile incontrato da Cassius, come si chiamava allora. Un picchiatore fortissimo e grande. Un uomo dalla storia stereotipata, fatta di povertà con la madre che si sposta da una parte all’altra dell’America per poter offrire da mangiare ai suoi figli e che non avrà mai il tempo di curare quel ragazzo che, prima di diventare pugile, finirà in carcere. Liston è la faccia sporca del pugilato e l’immagine sbagliata del nero americano: in quei giorni il bianco benpensante si augura che il giovane Clay, atleta orgogliosamente statunitense (alle Olimpiadi di Roma afferma che gli USA sono il miglior paese al mondo dove vivere) sconfigga la propria cattiva coscienza.
“Smocking Joe” è il soprannome di Joe Frazier. La loro rivalità sarà il campo di battaglia perfetto per esaltare le capacità dialettiche di Ali. Muhammad a causa del suo rifiuto di andare in guerra dovette subire un lungo stop all’attività pugilistica; in quel periodo di forzato stop all’attività Frazier sostenne il suo futuro nemico in diversi modi. Ma quel sostegno si trasformò in guerra aperta quando finalmente poterono combattere. L’8 marzo del 1971 i due incroceranno i guantoni sul ring montato al Madison Square Garden, il palazzo dello sport di New York divenuto per una notte troppo piccolo. Nemmeno i più grandi personaggi dello spettacolo o della politica poterono avere il proprio posto a bordo ring. Quando Joe, lo “Zio Tom”, che Muhammad ha sbeffeggiato a lungo nei giorni precedenti, vince l’incontro con un verdetto unanime dei giudici, “l’America” che lo aveva amato nella vittoria contro Liston si sentirà liberata dal peso di un uomo divenuto nel frattempo ingombrante.
Ma Ali non si considererà mai sconfitto e con l’uomo di pugilato più importante nella sua storia di grande campione, Angelo Dundee, ritroverà le energie per la rivincita. Frazier e Ali si incontreranno nuovamente nel 1974 e nel 1975. Il secondo incontro, denominato “Thrilla in Manila”, è considerato il più brutale della storia della boxe e fu vinto da Ali per il ritiro decretato dall’angolo di Joe Frazier, pochi istanti prima che Dundee lanciasse a sua volta la spugna. Quella piccola esitazione diede la vittoria, meritata, a Muhammad e fu il simbolo del rapporto speciale tra il pugile e il suo manager. Dundee era di origine italiana, il cui vero nome era Miranda, ed è considerato il più grande manager di ogni epoca. Il grande campione lo venera e si affida a lui completamente. Di lui disse, parlando della conduzione dei suoi match dall’angolo: “qualsiasi cosa ti dicesse, tu dovevi ascoltarlo. Dovevi credergli. Era il migliore del mondo”. Dundee che vorrà sempre essere ricordato come amico di Ali è, con Elijah Muhammad, il solo uomo che ne influenzerà pensiero e azioni.
“Bomaye, Ali bomaye”.
Che Ali sia un grande comunicatore è noto: la sua opera d’arte sarà trasformare un confronto fra due afroamericani in un confronto razziale. Il coro che suona ovunque a Kinshasa, la capitale dello Zaire, dice, “uccidilo, Ali uccidilo”. Sono in cinquantamila a urlarlo anche la sera del 30 ottobre 1974 nello stadio africano. Anche se l’incontro è fissato ad un orario notturno, assurdo, per poter essere trasmesso in prima serata negli Stati Uniti, nessuno dorme in città: Ali contro Foreman sarà un evento storico, non solo un incontro di boxe. “The rumble in the Jungle”, lo vedrà vincitore sotto la pioggia e il caos delle urla dei suoi tifosi.
“Pungi come un’ape, vola come una farfalla”: Cassius Clay, Muhammad Ali, è stato questo, nel suo stile e nella sua arte comunicativa. Un uomo che non ha voluto ritirarsi quando avrebbe dovuto e ha trascinato la propria carriera ben oltre il limite che avrebbe meritato: ma anche lui, come altri grandi atleti, aveva trovato la sua felicità solo nella sua dimensione sportiva, su quel ring dove soffrire, ma in armonia con se stesso.