Dall’integrazione all’emersione del lavoro irregolare: a Milano un convegno di “Lavoro Società”
“Tu sì, tu no” è stato il titolo della grande campagna sui diritti e la difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori del 2003. In quella occasione la CGIL pose al centro dell’attenzione la tutela delle persone di fronte al libero arbitrio: i diritti e le norme che li garantiscono come centro di una società più giusta. Questo titolo abbiamo pensato fosse giusto riproporlo in occasione del convegno, organizzato come aggregazione “Lavoro, società. Per una CGIL democratica e plurale” in FILCAMS, che ha voluto affrontare il tema dell’accoglienza dei profughi e degli aventi diritto di asilo. Il convegno, che è nato grazie anche alla collaborazione con l’ufficio delle politiche sociali della Camera del Lavoro di Milano e con il dipartimento immigrazione della CGIL Nazionale, ha affrontato gli aspetti normativi dell’accoglienza, le esperienze dirette di chi si occupa di accoglienza e integrazione, l’esperienza di chi affronta il tema della emersione del lavoro irregolare, conseguenza diretta delle pessime politiche di accoglienza e integrazione, e infine il racconto di un lavoratore che dall’esperienza di profugo sta riuscendo, grazie alla sua volontà e alla collaborazione con chi si occupa di accoglienza, a costruirsi un futuro diverso nel nostro paese. Sono stati tutti interventi articolati e complessi che hanno evidenziato alcune osservazioni che non sono scontate. In primo luogo, il quadro normativo è ancora oggi troppo frammentario e articolato su alcuni concetti che impediscono il coordinamento delle politiche di accoglienza ed integrazione.
Il primo aspetto è il fatto che le procedure e prassi di accoglienza e integrazione non siano una precisa responsabilità delle istituzioni locali, ma un atto volontario che i singoli Comuni possono adottare rende impossibile avere più esperienze di buone pratiche.
Il secondo aspetto che si è evidenziato è che l’approccio culturale che ancora permea i comportamenti, in teoria solidali, delle persone e delle istituzioni è basato sul razzismo e la differenziazione tra immigrati buoni e cattivi. Se il profugo è bianco e cattolico gli apro le porte di casa, ma se di colore diverso no. E questa cultura è anche evidente nell’approccio dei diversi governi europei che aprono i propri confini solo sulla base delle caratteristiche etniche o culturali delle persone. Altra questione affrontata è che, grazie alla presenza di un tessuto sociale e associativo sviluppato, vengono realizzate buone prassi di accoglienza ed integrazione. Altro principio importante: purtroppo ancora adesso le persone vengono distinte in chi scappa dalla guerra o dalla fame. Ogni essere umano in fuga da una situazione difficile, da una realtà negativa ha diritto all’accoglienza e all’integrazione. Infine l’ultimo aspetto, per noi forza sindacale di importanza fondamentale, l’integrazione sta soprattutto al tema del lavoro. Se il sistema si impegna nella definizione di percorsi professionali per i migranti allora molti problemi potranno avere una diversa soluzione. Il lavoro è la sfida da affrontare quando si ragiona dei temi dell’immigrazione e dell’integrazione. Esemplare è stato il racconto di Youf. Lui che nel corso di diversi anni ha dovuto prima affrontare le difficoltà dei trasferimenti da un centro di accoglienza ad un altro e che oggi, grazie all’inserimento lavorativo in un ristorante milanese, si sta costruendo un futuro diverso e improntato alla speranza e alla fiducia.
E’ stata una giornata impegnativa ed importante il 24 maggio: la guerra lascia dietro di sé vittime, città distrutte, povertà e carestia e, in questo momento di coinvolgimento emotivo di fronte al conflitto in Ucraina, dobbiamo tutti essere portatori dell’idea importante della pace, del rifiuto della guerra e delle armi come strumento di risoluzione delle crisi e infine quella del rispetto dei diritti degli essere umani - di tutti gli esseri umani, da ovunque provengano - di essere accolti e aiutati di fronte all’immane dramma che sono costretti a vivere.